iaml > pubblicazioni > convegno, Roma 1997

Interventi e dibattiti in appendice all'Assemblea annuale dei soci IAML Italia 1997
Roma, Conservatorio S. Cecilia, 1-2 dicembre



Giovanni Lazzari
Il Codice deontologico del bibliotecario 

L'approvazione del Codice deontologico e di altri strumenti normativi, avvenuta nell'assemblea generale di Napoli (30 ottobre 1997) segue quella dello statuto, approvato in un precedente congresso, e completa un iter di rinnovamento istituzionale avviato da tempo nell'AIB. La riflessione sul Codice deontologico va dunque inquadrata in un contesto più generale e si fonda sostanzialmente sulla presunzione, che l'AIB ha sempre avuto e che i bibliotecari hanno sempre avuto, di veder riconosciuta la professione, puntando ad ottenere un riconoscimento giuridico certo e fondato che oggi non esiste. Il punto più alto di questo impegno fu la presentazione di un disegno di legge per l'istituzione dell'albo professionale dei bibliotecari, che si collegò all'impegno dell'Associazione nei confronti delle istituzioni, delle università, per il riconoscimento del titolo di studio, per la definizione dei curricula e per ogni iniziativa che potesse affermare la dignità professionale del bibliotecario, con tutto ciò che ne deriva anche in termini di concorsi e di status. Purtroppo le crisi politico istituzionali dell'ultimo decennio hanno impedito il raggiungimento di un traguardo spesso sentito come vicino; si è dovuto ricominciare da capo più volte, finche si è capito che la strada prioritaria da percorrere in un mondo orientato verso la delegificazione, il superamento degli impacci burocratici e lo snellimento amministrativo non era più quella, soprattutto in un momento in cui la Camera era affollata da una vera fioritura di proposte da parte di altre categorie professionali.

Dall'attuale tendenza alla delegificazione deriva anche l'attribuzione alle associazioni professionali di un compito istituzionale vero e proprio molto più pregnante che nel passato: gli ordini professionali potrebbero reggersi non più per norma di legge ma per autocertificazione della relativa associazione professionale, come si delinea nella proposta di legge del Comitato nazionale esecutivo (Cnel) ora in elaborazione e rispondente ad una direttiva europea. Questo sta a dire che l'AIB da associazione privata - che accoglie i bibliotecari convinti di doversi impegnare in un'associazione per migliorare la propria professionalità e per contribuire al miglioramento del servizio - si configurerebbe come un'associazione con compiti giuridicamente riconosciuti, compiendo così un evidente salto di qualità. L'obiettivo da raggiungere è quello rappresentato dal modello inglese, per il quale la Library Association certifica e dà il marchio di qualità addirittura ai corsi universitari.

In questo quadro, insieme al nuovo statuto e alle regole di comportamento del socio, da tempo l'AIB si è posta il problema di dotarsi di un codice deontologico per garantire ancor più la professionalità dell'associazione e dei suoi iscritti, sull'esempio delle associazioni bibliotecarie di altri paesi e per colmare un ritardo della nostra nazione. Inoltre l'AIB intende porsi come interlocutore rappresentativo dell'universo delle biblioteche e dei bibliotecari in un paese come l'Italia in cui manca un referente istituzionale certo e unitario per le biblioteche a causa della nota frammentazione amministrativa esistente. Se infatti il Ministero per i Beni Culturali è un'autorità per le biblioteche pubbliche statali non lo è, se non in maniera indiretta e da un punto di vista più professionale che giuridico, per il mondo delle biblioteche di ente locale, delle biblioteche pubbliche, delle biblioteche speciali e via dicendo. Il Codice quindi, pur essendo un regolamento interno dell'AIB, viene proposto come punto di riferimento deontologico al mondo dei bibliotecari.

L'elaborazione del Codice ebbe inizio alla conferenza di Roma nel 1994, dove venne redatta una prima bozza di lavoro poi affidata ad alcuni soci - tra cui me stesso in qualità di probo viro - per essere perfezionata. Il lavoro è consistito nel confrontare le proprie riflessioni con quelle dei colleghi e con i codici deontologici esistenti da tempo in altri paesi (cfr. AIB notizie, nn. 10/94). Si evidenziarono due ordini di indicazioni che furono definiti come 'Doveri verso l'utente' e 'Doveri verso la professione'. Molto interessante fu constatare come la prevalenza di uno dei due aspetti sull'altro fosse in relazione alla situazione più o meno evoluta dei servizi bibliotecari: nei paesi più sviluppati vi è molta più attenzione alle tematiche interne della professione mentre (e non poteva che essere così) nelle situazioni meno evolute vi è una maggiore attenzione al dovere di servire l'utente e alla razionalizzazione a al miglioramento dei servizi. Pur rientrando l'Italia sicuramente in questa seconda tipologia, si tentò di evidenziare in uno schema articolato entrambe le tipologie di doveri.

In seguito la questione fu discussa al Congresso AIB di Brescia nel 1995 dove non si giunse ad una votazione finale: vi furono invece degli approfondimenti cui seguirono i rinnovi delle cariche associative e si creò quindi la necessita di ridiscutere il codice all'interno degli organi rieletti (comitato esecutivo, presidenze regionali, coordinatori). In un mio editoriale nel Bollettino AIB (n.1/1997) esposi la necessita e l'urgenza di concludere la discussione.

Si è giunti così, dopo una lunga istruttoria, all'approvazione avvenuta all'unanimità nell'assemblea di Napoli nell'ottobre scorso. Rispetto alla bozza iniziale il testo approvato ha aggiunto una terza tipologia di doveri che può anche essere considerata pleonastica ripetendo concetti già individuati nelle due categorie precedenti, ma che si decise di recepire. Si tratta di un'ulteriore specificazione di doveri verso il documento e l'informazione.

Il codice approvato a Napoli all'unanimità è un documento molto schematico, ma non poteva che essere così. Nella premessa si dichiara apertamente che il codice deontologico è un codice etico, non è un codice disciplinare o legislativo, non ha quindi alcuna cogenza giuridica ma ha un valore morale. Nel momento in cui il bibliotecario si afferma come professionista egli fa una specie di giuramento di Ippocrate nei confronti della propria professione. Il Codice è valido per i membri dell'AIB, che, come abbiamo visto, si definisce garante anche per le realtà esterne. Esso è anche lo statuto dell'autonomia della professione, nel momento in cui o attraverso l'istituto dell'albo professionale o comunque dando certezza alla propria professionalità, rivendica l'autonomia della nostra disciplina professionale.

I doveri verso l'utente sono doveri di servizio, di libertà, di democrazia: questi concetti sono ripetuti spesso, come è tipico dei codici anglosassoni e si esplicano nel rifiuto di ogni censura o discriminazione per sesso, per razza, per condizione sociale, per fede religiosa; così come si sottolinea che l'informazione deve essere obiettiva, imparziale, non pregiudicata dai condizionamenti ideologici, politici e culturali del bibliotecario stesso; così come va garantita la riservatezza dell'utente, dei percorsi di ricerca, delle informazioni fornite. Il punto 1.7 considera dovere verso l'utente anche l'impegno associativo o politico, inteso naturalmente non nel senso di 'partitico', ma in quello di presenza del bibliotecario nei confronti dei servizi da fornire e più in generale nei confronti del diritto all'informazione: poiché il servizio bibliotecario è considerato istituto di democrazia, ecco che l'impegno per il miglioramento dell'efficacia e dell'efficienza del servizio è da ritenersi a sua volta un dovere o servizio verso l'utente.

Il secondo gruppo di doveri comprende i doveri verso se stessi e verso la professione e il concetto di fondo è in qualche misura un'affermazione di orgoglio professionale. Il bibliotecario deve onorare la propria professione, deve considerare il proprio lavoro una professione, che ha un fondamento scientifico e che necessita di formazione e di aggiornamento. Non solo la formazione è quindi un dovere morale ma anche il continuo aggiornamento, il saper cioè gestire servizi adeguati alle esigenze di completezza, di correttezza, di adeguatezza dell'informazione che va fornita. In questo gruppo rientrano anche i doveri nei rapporti tra i colleghi: in quanto si fa parte di una comunità è la comunità dei bibliotecari ad essere impegnata verso gli utenti e verso la professione e a garantire determinati indirizzi.

Nel punto tre, esplicativo e rafforzativo dei postulati del codice, si approfondiscono da un diverso punto di vista le stesse considerazioni. Il concetto che il bibliotecario si impegna a promuovere la valorizzazione e la tutela dei documenti e delle informazioni è in qualche misura già riassunto nella formula dell'impegno per il miglioramento dei servizi, ma è qui più esplicitamente riferito proprio al documento. L'impegno a garantire la trasmissione della conoscenza attraverso la razionale organizzazione dei documenti significa - più chiaramente e più semplicemente - fare bene il proprio mestiere e gestire con consapevolezza la propria responsabilità di conservare e di trasmettere un patrimonio culturale. Voglio richiamare, a questo proposito, le cosiddette 'Tesi di Viareggio' discusse dall'AIB nel suo congresso nel 1987, in cui si riaffermava che la funzione di conservazione non esaurisce il ruolo e la funzione di una biblioteca, che ha invece un proprio ruolo e una funzione all'interno del mondo dell'informazione. Si afferma cioè che la biblioteca o il centro di documentazione sono fondamentalmente dei sistemi informativi, i quali hanno tra le loro funzioni non solo quella della documentazione - come è più evidente nelle biblioteche speciali - ma anche quella della conservazione e della tutela, come è evidente nelle biblioteche di conservazione.

Infine come nei paragrafi precedenti si è affermato l'impegno a favorire l'associazionismo professionale, così nell'ultimo punto si sottolinea la necessita di promuovere l'integrazione dei servizi e dei sistemi al di là della barriere organizzative, geografiche o istituzionali. Come ho accennato nella premessa questo concetto è particolarmente vero ed evidente nella nostra situazione nazionale. La frammentazione amministrativa, l'essere il mondo delle biblioteche un mondo policentrico con tante istituzioni e tanti centri di gestione diffusi sul territorio richiede una cooperazione effettiva, un'integrazione dei servizi e una capacità di rispondere alle sfide e ai bisogni informativi dell'utenza nella globalità del sistema.

L'AIB pubblicherà ora in un volumetto il codice insieme a tutte le norme secondarie dell'associazione. La discussione di cui esso è frutto è stata ampia e approfondita, forse fin troppo. In essa non abbiamo mai avvertito la presenza di punti di vista radicalmente diversi, ma si è trattato di un approfondimento e di una socializzazione di questi temi attraverso gli strumenti istituzionali dell'associazione, i gruppi di studio, le commissioni, le sezioni regionali, le assemblee. Se la IAML-Italia vorrà far proprio il Codice ciò significherà procedere nella precisa direzione di sentirsi parte di una stessa comunità indipendentemente dalle specificità professionali, dalle amministrazioni di appartenenza, e anche dalle tipologie dei servizi erogati. Significherà riconoscere che dietro la propria specificità esiste un'idea comune e una cultura professionale comune che, se riaffermata, diventerà una garanzia e una tutela per tutta la professione.

 

Presidente: Quanto illustrato da Giovanni Lazzari si collega perfettamente a quanto esposto nel corso della tavola rotonda di questa mattina. La maggior parte dei bibliotecari musicali nei Conservatori non ha possibilità di esprimersi non solo perché ha il proprio stato giuridico è quello di docente - e quindi in ciò pari a tanti altri docenti - ma perché il mancato riconoscimento della professione fa sì che il bibliotecario non goda di alcun tipo di autonomia nell'ambito dell'Istituto in cui opera. Dare dignità alla professione risulta quindi fondamentale per veder riconosciuta la nostra responsabilità nei confronti della biblioteca e della sua gestione ed è quindi necessario che la professione stessa sia sentita da tutti come tale e che ciascuno abbia la coscienza di essere un professionista, un bibliotecario, altrimenti non si avrà mai la forza per potersi imporre (a meno di non godere di grandi fortune). La prima caratteristica o qualità necessaria per imporsi è la propria capacità professionale: una volta affermata sarà difficile essere tacitati o non essere presi in considerazione nell'ambito dell'istituto di cui si è parte.



Dibattito

Il commento è stato incentrato sulla discussione dei punti 1.6, 1.2 e 3.3 del Codice. Sulle prime l'approvazione del Codice risulta essere assolutamente pacifica, quasi un atto dovuto, che può essere rafforzato nei fatti iscrivendo la IAML-Italia all'AIB (Massimo Gentili-Tedeschi). Alla richiesta se questo codice sia il primo prodotto dall'AIB in tale direzione (Sirch) il Presidente ricorda che l'impegno dell'AIB nel creare un albo professionale nacque soprattutto a tutela di quei bibliotecari il cui ruolo è definito solamente dal livello impiegatizio e che rischiano quindi di essere spostati da un settore all'altro dell'amministrazione di appartenenza - come spesso capita negli enti locali - senza alcun legame effettivo con la professione. Il modello inglese citato da Lazzari corrisponde ad un concetto molto alto di professione, dal quale l'Italia è oggi ancora molto lontana. In quel modello è infatti l'associazione professionale a stabilire l'ammissibilità di una persona all'esercizio della professione tramite certificazione, rilasciata solitamente ad un laureato in biblioteconomia che abbia concluso almeno un anno di tirocinio nel tipo di biblioteca in cui intende andare a lavorare. poiché i disegni di legge presentanti dall'AIB negli ultimi anni non sono andati in porto si è ritenuta superata la richiesta di un albo definito per legge - in un momento in cui si arriva a chiedere l'abolizione dell'ordine in altre categorie professionali - ritenendo piuttosto opportuno produrre almeno un codice etico, quale primo passo verso un nuovo modo di concepire il riconoscimento della professione. Nel caso del bibliotecario specializzato, si dovrà attestare la presenza di una doppia professionalità, come è nella tradizione del nostro paese dal secolo scorso. Nel momento in cui fu creato il posto di bibliotecario per i Conservatori di Roma, Milano e Napoli, negli anni ottanta dell'Ottocento, al bibliotecario fu richiesta la doppia professionalità di storico della musica esperto in biblioteconomia, e non a caso a quel posto corrispondeva uno stipendio molto più alto di quello attribuito al docente di Storia della musica incaricato della conduzione della biblioteca. Sarebbe già molto per noi riuscire a riaffermare oggi almeno uno di questi concetti: siamo dei bibliotecari, dopodiché possiamo anche stabilire di essere bibliotecari musicali. Ecco perché ci sembra importante aderire al codice deontologico, affiliare la IAML-Italia all'AIB e incentivare tutte le iniziative che possono derivare da questa collaborazione tra associazioni.

Si riflette quindi sull'importanza di approvare il punto 1.6, in quanto la nostra tradizione attesta con quale facilità il bibliotecario musicale-musicologo si trovi in posizione di conflitto di interessi (Gentili-Tedeschi). All'osservazione di quanto sia comunque importante lo studio per il bibliotecario (Sirch) il Presidente richiama l'attenzione sulla seconda parte del punto 1.6, ricordando come il conflitto di interessi nasca qualora si dedichi il proprio orario di servizio allo studio anziché alla gestione della biblioteca, danneggiando così la funzionalità della biblioteca stessa, come provano oggi purtroppo diversi casi. poiché conferma indiretta di ciò si ha dal fatto che l'assemblea odierna avrebbe potuto essere più frequentata (Zappalà), si individua come impegno prioritario ed etico la necessità di operare attivamente per divulgare tra i colleghi sia il Codice, sia le attività dell'associazionismo professionale, mirando a colmare la distanza esistente tra la minor consapevolezza dei bibliotecari musicali e quella più profonda dei bibliotecari generali (Grande). L'invito è senz'altro accolto con favore vista anche l'obiettiva difficoltà esistente nel serrare le fila di una categoria esigua ma sparsa sul territorio nazionale: anche il frequentare le locali sezioni AIB può aiutare a consolidare il senso di appartenenza ad una comunità scientifica (ne è riprova il fatto che alcuni colleghi, impossibilitati a partecipare alla nostra assemblea, hanno seguito in quella sede il dibattito sul codice deontologico); ed è sicuramente un'ottima forma di collaborazione individuale con l'associazione l'impegnarsi a sensibilizzare gli altri colleghi operanti nella propria regione (Riva).

Nel commentare il punto 3.3 (integrazione cooperativa dei sistemi informativi) si pone l'accento sulla necessità di essere coscienti di come gli interessi economici coinvolti nel processo di informatizzazione delle biblioteche possano non coincidere con l'interesse della professione: è dunque importante avere un principio guida che consenta di operare scelte professionali valide e in tal senso acquisisce significato l'impegno ad abolire le barriere per la diffusione dell'informazione (Riva).

Segue quindi la lettura integrale del testo che viene ulteriormente commentato al punto 1.2 manifestando dubbi sulla possibilità di agire in indipendenza rispetto alle proprie idee, come può essere nel caso di voler acquisire, una volta scelti i libri per l'utenza, anche testi di interesse personale del bibliotecario (Sirch). Il Presidente replica che, sebbene sia necessario saper operare delle scelte - come il non comprare o il non catalogare libri che non corrispondano al tenore della biblioteca - è opportuno però che il bibliotecario metta a disposizione tutto ciò che l'utenza richiede, anche se personalmente può non essere d'accordo con la richiesta; il punto 1.2 sottolinea però soprattutto che non sia messa in discussione la disponibilità del patrimonio conservato.

All'osservazione di come sia difficile avere ampi obiettivi di lavoro a fronte di un orario di servizio di dodici ore (Pugliese) si ricorda che simile questione è stata sollevata anche nell'assemblea AIB di Napoli, dove è stato fatto presente che il codice etico, prescindendo dall'inquadramento amministrativo del singolo, afferma la professione aldilà dei problemi sindacali derivanti dall'inquadramento amministrativo (Riva). Il dibattito si chiude con la votazione del Codice deontologico, approvato con un voto di astensione, e con il pronunciamento a favore dell'iscrizione da parte di IAML-Italia all'AIB, approvato all'unanimità.

Torna all'inizio


La formazione professionale

Presidente: Al corso Catalogazione e gestione del patrimonio musicale a stampa e manoscritto e dei documenti sonori (Bergamo, 16-21 giugno) hanno partecipato circa 60 bibliotecari provenienti da diverse parti d'Italia, in rappresentanza di biblioteche pubbliche appartenenti a tipologie amministrative diverse. Da esso sono emerse esigenze specifiche in merito alla catalogazione dei documenti sonori, cui si darà risposta sia con la distribuzione di materiali a coloro che ne hanno fatto richiesta, sia incentrando su di essi parte cospicua del prossimo corso. La IAML-Italia intende infatti ripetere l'esperienza: per il 1998 è stato anche ottenuta l'autorizzazione da parte del Ministero della Pubblica Istruzione a norma del nuovo contratto collettivo nazionale di lavoro della scuola, che prevede la reiterazione del corso incentrato sulla formazione all'uso di SBN non solo per i bibliotecari ma anche per i docenti delle scuole secondarie superiori e inferiori.

La formazione professionale è di competenza delle regioni, che allo scopo possono attingere anche ai contributi della Comunità europea; per essere quindi presenti sul territorio nazionale si ritiene che l'associazione debba decentrare l'organizzazione dei corsi di formazione e rivolgiamo l'invito a tutti i soci affinché, individuate le esigenze di formazione, cerchino un contatto con gli enti locali, con l'obiettivo comune di diffondere la professionalità nel nostro settore, mentre l'associazione si riserva il ruolo di garante scientifico con il preciso vincolo di andare incontro alle esigenze locali. Su questa linea e in conseguenza del corso di Bergamo sono già sorte nuove iniziative. Negli Abruzzi l'Istituto nazionale tostiano ha richiesto la collaborazione della IAML-Italia per coordinare le forze presenti sul territorio al fine di censire e catalogare i fondi musicali della regione, organizzando un corso di quattro giornate rivolto a giovani aspiranti bibliotecari, attraverso il quale diffondere anche la metodologia e l'esperienza già fatta in altre regioni. In Piemonte è risultata viva la richiesta da parte dei bibliotecari generali dei settori musicali per la catalogazione dei documenti sonori: abbiamo avuto diversi contatti con i colleghi nella regione e speriamo che anche qui si possa avviare presto una qualche forma di collaborazione.

Nell'ambito dell'assemblea sono state fatte presenti le difficoltà dei singoli bibliotecari a partecipare alle iniziative (assemblee, convegni). L'associazione si impegna a cercare di ottenere per esse il riconoscimento pubblico, in maniera che le spese possano essere affrontate dagli enti e non dai singoli. Il Ministero della Pubblica Istruzione, ad esempio, dispone di diversi fondi per la formazione professionale che potrebbero servire a incentivare la presenza dei bibliotecari alle attività di aggiornamento organizzate dalla propria associazione professionale (Laterza). Si ricorda come sia importante che il riconoscimento sia poi effettivo in tutti gli istituti e non si creino equivoci, come il ricevere la visita del medico fiscale pur avendo presentato domanda di congedo per la partecipazione al convegno, come accaduto in occasione del convegno di Firenze (Pugliese).

Torna all'inizio


La disponibilità dei materiali a noleggio e delle opere non a stampa: un incontro con gli editori

All'incontro organizzato dalla IAML-Italia al 2. Salone della musica (Torino 20 ottobre 1997), coordinato da Alberto Basso presidente della Società Italiana di Musicologia, hanno partecipato il compositore Gilberto Bosco, gli editori Sonzogno, Ricordi e Rugginenti e alcuni bibliotecari. Pur avvenuto in quasi totale assenza di pubblico (15 persone), il dibattito ha individuato la disponibilità comune a realizzare un progetto che agevoli i tempi della consultazione e della distribuzione dei materiali a noleggio anche oltre il fine esecutivo, fornendo un servizio ai musicisti e agli studiosi. Si è inoltre affrontato il problema della documentazione della musica contemporanea acquisita ma spesso non pubblicata dagli editori. In un'indagine effettuata da Paola Calderone, studente del corso di Musicologia nel Conservatorio di Milano è emerso che la biblioteca dell'istituto, detentrice del diritto di stampa nell'ambito della regione Lombardia, conserva solo una bassa percentuale delle musiche scritte dai compositori presenti nell'istituto come docenti. I motivi del mancato funzionamento del diritto di stampa vanno dalla macchinosità delle trafile burocratiche al mancato adempimento da parte dei tipografi. Nel caso della musica contemporanea si aggiunge l'ulteriore difficoltà che essa è diffusa dagli editori tramite la riproduzione in eliocopia del manoscritto, come tale non viene considerata 'pubblicata' e quindi non vengono adempiuti i compiti previsti dalla legge sul deposito legale degli stampati. Nel dibattito è emerso anche che gli editori non dispongono di una metodologia per documentare quanto acquisito: delle circa 300 composizioni acquistate da Ricordi negli ultimi due anni solo una quarantina sono state pubblicate e le altre sono di difficile reperibilità sia per lo studio sia per l'esecuzione. La biblioteca del Conservatorio di Milano ha quindi chiesto direttamente ai docenti di donare una copia delle proprie composizioni, richiesta volentieri accettata, ritenendo la collaborazione con l'istituto in cui operano un elemento utile per raggiungere musicisti interessati ad eseguire le proprie composizioni. Si è appreso che infine la casa Ricordi usa pubblicizzare le nuove composizioni in una limitata cerchia di esecutori professionisti o di organizzazioni musicali, inviando copia delle nuove composizioni in omaggio.

Nella discussione seguita al resoconto dell'incontro di Torino sono stati messi in luce il tema della tutela delle composizioni musicali, sia nei confronti dell'opera a stampa sia della sua esecuzione, e quello della riproducibilità di un'opera. La tutela dell'integrità dell'opera contro i possibili plagi o le possibili contraffazioni editoriali avviene tramite la SIAE che può intervenire bloccando le vendite; ad essa spetta la distribuzione dei diritti dell'autore, calcolata a percentuale sulle vendite effettuate dall'editore ai librai (eccetto i resi, forma che peraltro non esiste più); più difficile è eseguire il controllo delle esecuzioni effettuate ovunque nel mondo. La SIAE per altro non ha alcuna funzione rispetto al problema della documentazione del pubblicato, e le opere ivi depositate sono inaccessibili; notizia di quanto pubblicato in Italia si ha piuttosto attraverso il Bollettino della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Per cui ciò che sfugge alla documentazione è il deposito delle opere manoscritte, quindi tutta la musica contemporanea magari anche eseguita ma mai stampata, che rappresenta la maggior parte delle opere depositate presso la SIAE. (Sala, Laterza, Zappalà, Camera, Amato).

In tema di riproducibilità delle opere a stampa si è chiesto in quale forma sia possibile per la biblioteca derogare dalla regola generale che impedisce la riproduzione, consentendola solo su microfilm per motivi di studio e selezionando così di fatto la richiesta. Si chiede inoltre se sia regolamentata la possibilità teoricamente illimitata di riproduzione di un'opera offerta dalla tecnologia (es. scanner), il cui uso consente al tempo stesso la conservazione evitando l'uso del documento originale (Biblioteca nazionale di Firenze).

Per la musica esistono due leggi contrastanti: la prima consente la riproduzione della musica ad uso di studio, proprio riconoscendone la difficile reperibilità (legge 22 maggio 1993, n. 159); la seconda è inerente il prestito che viene ammesso per i libri ma negato per la musica (Legge 16 novembre 1994, n. 685, art. 69); in realtà il mercato è talmente piccolo che non si può tenere conto di queste indicazioni. A differenza delle biblioteche nazionali, le biblioteche dei conservatori prestano la musica ai propri docenti e agli studenti con mallevadoria del docente; gli utenti possono quindi riprodurre nel primo negozio dietro l'angolo il libro ottenuto in prestito. Anche se il bibliotecario ricorda loro il divieto a riprodurre la musica in commercio per non danneggiare l'editore né l'autore., di fatto è impossibile effettuare un controllo su ogni pezzo che va in prestito. Per altro il 90 % del materiale che si fotocopia nelle biblioteche dei conservatori, a differenza della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, è materiale fuori commercio da anni oppure, come nel caso della musica contemporanea, non si trova in commercio, in quanto nel giro di due anni sparisce dai negozi. Nel caso di molti compositori, come ad es. Chopin, la copiatura di un'edizione ottocentesca non danneggia alcuno, mentre si danneggia l'editore copiando una revisione da poco pubblicata. A regola si dovrebbe chiedere l'autorizzazione all'autore per consentire la riproduzione dell'opera, ma la realtà è più complessa e comprende anche editori che adottano la politica commerciale di riprodurre edizioni altrui. Recentemente la Biblioteca del Conservatorio di Milano ha ricevuto la copia dovuta di una collana di musiche per organo dell'Ottocento di un editore italiano che si è limitato a riprodurre edizioni possedute dalla biblioteca stessa, scegliendo le composizioni edite da editori ora scomparsi, riproducendo i testi tramite scanner ed eliminando ogni indizio dell'edizione precedente, come i numeri di lastra, aggiungendo un nuovo frontespizio e, senza citare minimamente la provenienza dell'opera, commercializzando questa specie di ristampa anastatica come fosse una propria edizione (Laterza).

Anche nell'Università un controllo sugli studenti che eseguono le fotocopie per conto proprio risulta impossibile (Zappalà). Nonostante le salatissime multe che sono state comminate anni fa alle copisterie attive attorno alle Università è evidente che il sistema ha bisogno oggi di essere modificato: probabilmente è necessario che gli editori riescano a gestire diversamente il rapporto commerciale. Un'ipotesi già allo studio prevede che i diritti dell'editore vengano riscossi a monte, ponendo una tassa sulle macchine di riproduzione (fotocopiatrici, scanner) e costituire così un fondo che vada a compensare proporzionatamente l'editore delle copie eseguite: il sistema di calcolo dei diritti non è semplice ed infatti è allo studio da anni essendo un problema mondiale. Altra via perseguibile prevede l'immissione delle partiture in rete e la loro accessibilità a pagamento (Laterza).

Negli anni Settanta la biblioteca dell'Università di Bologna ha acquistato delle partiture manoscritte appartenute al direttore d'orchestra René Leibowitz; sul materiale in qualche caso si trova il timbro 'Proprietà dell'editore': la biblioteca sarebbe tenuta a renderlo all'editore? E' possibile che a suo tempo il direttore abbia avuto il permesso di trattenere il materiale? (Merizzi). Effettivamente esso andrebbe restituito all'editore, o almeno così si comporta la biblioteca del Conservatorio di Milano che riceve spesso doni da musicisti, come gli ospiti della Casa Verdi. I fondi appartenuti a musicisti orchestrali o a direttori d'orchestra contengono sempre parti di proprietà degli editori: spesso farebbe comodo tenersele in quanto si tratta di materiale non in commercio, ma bisognerebbe perlomeno arrivare a un accordo con l'editore, promettendo di non consentirne la fotocopiatura, come avviene per le tesi di laurea, che possono essere soltanto studiate ma non riprodotte (Laterza).

Torna all'inizio
Torna all'indice
Torna alla pagina delle pubblicazioni