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Iaml Italia, 4. Convegno annuale (Roma, 1-2 dicembre 1997)


Tavola rotonda. Le biblioteche degli Istituti dipendenti dal Ministero della Pubblica Istruzione, Ispettorato per l'Istruzione artistica tra riforma amministrativa dello Stato e riforma degli studi artistici


Giovanni Lazzari
Biblioteca della Camera dei Deputati
 

  • L'autonomia amministrativa e le riforme

    Sommario: I precedenti tentativi di riforma del sistema bibliotecario. L'attuale stagione di riforme dalle autonomie locali (L.142/90) alla riforma costituzionale attraverso la riforma amministrativa dello Stato: il principio di sussidiarietà (L. 59/97), lo snellimento amministrativo e la responsabilità del dirigente (L. 127/97). Relazione dal convengo AIB di Napoli 1997. 
     

  • Il mio compito consiste oggi nell'introdurre gli interventi delle colleghe Luisa Marquart, che si occupa da molto tempo per l'Associazione Italiana Biblioteche della Commissione biblioteche scolastiche, Anna Maria Tammaro, del Sistema bibliotecario dell'Università di Firenze, che ci parlerà dell'organizzazione del Sistema bibliotecario d'Ateneo, e Federica Riva, il cui intervento più si avvicina al tema specifico di oggi.

    Nell'invitarmi a partecipare a questa giornata Agostina Zecca Laterza ha richiamato esplicitamente la tavola rotonda sul tema della legislazione bibliotecaria e delle riforme amministrative in corso tra federalismo, autonomia e riforma costituzionale, svoltasi a Napoli durante il convegno nazionale dell'AIB. Il mio intervento inquadra quindi il tema di interesse per i bibliotecari musicali nei Conservatori all'interno di questa stagione di riforme profonde, progettate o in corso o addirittura già attuate, che disegnano sicuramente un contesto completamente diverso da quello in cui siamo stati abituati ad operare.

    Noi bibliotecari siamo stati e siamo promotori di proposte di riforma, di riorganizzazione e di razionalizzazione nei vari ambiti in cui si esplica la nostra professione. Per un lungo periodo l'AIB è stata promotrice di una riforma strutturale della biblioteca sotto forma di legge quadro, giunta quasi all'approvazione nell'XI legislatura. La proposta di legge Guerzoni definiva un articolato in cui si riconosceva il ruolo delle biblioteche elencandone i compiti, i servizi, gli standard, i requisiti professionali e la struttura organizzativa dando così risposta all'esigenza di governare un sistema articolato e complesso, anzi frammentato e disordinato dal punto di vista amministrativo fino all'ingovernabilità. Lo stesso accadde non solo alle normative di carattere generale, ma anche alle normative specifiche. Nel settore delle biblioteche scolastiche attorno al 1984 si andò vicini all'approvazione di un famoso disegno di legge, noto con il nome dell'On. Bosi Maramotti, e molto da allora è stato tentato nel campo delle biblioteche scolastiche e per il riconoscimento dei bibliotecari scolastici grazie all'impegno dell'AIB e in particolare di Luisa Marquardt. Così è accaduto anche per le biblioteche delle università, degli enti locali e per le biblioteche pubbliche.

    Questi tentativi si presentano oggi in un contesto completamente rinnovato, sul quale si possono anzi si debbono mantenere delle riserve critiche - sia in merito alle riforme attuate che di quelle proposte - ma nel quale indubbiamente si dà spazio, almeno in via di principio, agli obiettivi verso i quali il mondo delle biblioteche si è sempre orientato: i principi dell'autonomia, della cooperazione, del riconoscimento della professione intesa non solo in senso parasindacale, quale garanzia di un determinato status all'interno delle amministrazioni, ma al livello culturale e scientifico in quanto per professione si intende la specificità di un lavoro tecnico, professionale, da garantire nei suoi contenuti, nel suo aggiornamento, nel suo status giuridico.

    Negli ultimi sette o otto anni il movimento riformatore è stato in accelerazione continua, paragonabile ad un sisma, e non si è ancora arrestato. Per dare il senso della complessità del quadro generale sarà opportuno accennare all'evoluzione legislativa partendo da una legge che probabilmente oggi consideriamo esterna ai nostri discorsi, ma che è stata invece importantissima sia per l'impatto avuto in termini amministrativi e politico-istituzionali sia per il rinnovamento indotto che ha provocato nella pubblica amministrazione. La legge di riforma delle autonomie locali, la legge 142/90, ha regolato un settore specifico della pubblica amministrazione, avendo dirette conseguenza in un settore ben definito dei servizi bibliotecari, cioè la biblioteca pubblica. Rispetto alle biblioteche speciali o alle biblioteche statali si trattò quindi di un evento marginale, che ebbe però sicuramente un impatto innovativo nel prefigurare gli istituti di gestione orientati all'autonomia e alla cooperazione dei servizi, elementi che potevano risultare - come a mio parere risultarono - modello per una riforma generale della pubblica amministrazione. Ma è vero anche il contrario: più che l'inizio di un processo di riforma della pubblica amministrazione la legge 142 non fu altro che una prima risposta al dibattito maturatosi sulla gestione dei servizi, sulla cosiddetta 'aziendalizzazione' e 'sburocratizzazione' della pubblica amministrazione, sul riconoscimento delle professionalità e sul rispettivo ruolo dei diversi livelli (burocratico, tecnico, politico). Gli istituti di gestione e gli istituti di cooperazione furono visti come coerenti e innovativi dei servizi pubblici locali in genere e prefigurarono la possibilità di gestire i servizi bibliotecari complessi attraverso la forma dell'Istituzione, forma che fu adottata dalla Biblioteca Malatestiana di Cesena o per il Servizio bibliotecario urbano di Roma. L'Istituzione viene definita come un organismo strumentale dell'ente locale, non dotato di personalità giuridica ma di una sua autonomia gestionale.

    L'altra faccia dell'autonomia è la cooperazione, senza la quale l'autonomia risulterebbe essere un'accentuazione dell'ingovernabilità: convenzioni, consorzi e accordi di programma ne sono gli strumenti. In particolare mi pare che l'accordo di programma, cioè la disponibilità da parte di amministrazioni diverse a mettere in comune i servizi e il lavoro, sia un istituto poco utilizzato. In uno dei primi dibattiti, al convegno di Milano sulla 'Biblioteca efficace' nel 1991, l'accordo di programma veniva citato proprio come una possibile via all'integrazione di servizi tra biblioteche di diverse amministrazioni superando quindi il concetto, cui siamo storicamente abituati, di cooperazione intesa soltanto a livello locale, nel sistema provinciale o di comprensorio, per dar luogo ad un sistema urbano in cui le varie biblioteche conservano la propria specificità ed autonomia, ma forniscono insieme un servizio integrato, rivolto verso la propria particolare utenza, e nel rispetto della propria identità e del proprio patrimonio.

    Se la legge 142 fu dunque il punto iniziale di svolta della storia amministrativa di questi ultimi anni, il punto di conclusione non ancora assestatosi si ha nei lavori della Commissione parlamentare bicamerale, cioè nella riforma della Costituzione. Il dibattito sulla forma dello Stato, cioè sul rapporto fra Stato, Regioni, Enti locali, privati, e sulla determinazione delle rispettive competenze ha condotto ad una proposta che sarà discussa in Parlamento a partire dal prossimo gennaio. Essa conclude provvisoriamente l'attuale parabola di riforme amministrative affermando, fra molte contraddizioni e lacune, una serie di principi fondamentali, il primo dei quali è profondamente riformatore. Infatti mentre l'articolo 117 della Costituzione vigente definisce le competenze delle Regioni, ora al contrario si definiscono le competenze dello Stato e si stabilisce che la competenza residuale viene attribuita alle Regioni e agli enti locali. Attribuire a questo principio l'aggettivo 'rivoluzionario' è forse eccessivo, ma sicuramente è di grande innovazione e incidenza: se ‘tutto il resto’ rispetto a ciò che viene definito fa parte delle competenze del livello decentrato di Regioni e di enti locali, sicuramente si crea uno spazio di autonomia per gli enti locali molto più ampio rispetto all'impostazione centralistica vigente.

    In mezzo a questi due estremi si pone una serie di riforme realizzate tramite alcune leggi tra cui, ultime in ordine cronologico, le due famose leggi Bassanini, cioè la legge 59 del marzo 1997 (Bassanini 1) e la legge 127 del maggio 1997 (Bassanini 2). La prima legge Bassanini contiene il principio del decentramento di funzioni dallo Stato agli enti locali ed è una legge-delega che si attua tramite decreti legislativi che il Governo dovrà emanare entro marzo 1998 (sappiamo però che il provvedimento collegato alla Legge finanziaria introduce uno slittamento del termine a luglio, se non a dicembre). La sua importanza risiede nel fatto di dare inizio, a Costituzione vigente, ad una svolta propriamente federalistica e autonomistica che verrà favorita e accentuata dalla riforma costituzionale. Possiamo contestare l'entità, la profondità e la capacità di impatto di questa svolta, ma bisogna riconoscere innanzitutto che essa c'è ed è reale e apre spazi per la riappropriazione di competenze dal basso.

    Come nella proposta di riforma costituzionale, la legge 59/97 conferisce alle regioni e agli enti locali una serie di competenze anche qui rovesciando il criterio dell'attribuzione delle competenze tra Regioni e Stato, affidando allo Stato una serie di funzioni e dichiarando che tutto il resto viene trasferito alla competenza degli organi periferici. Il trasferimento delle competenze non è inteso quale mero decentramento amministrativo bensì è visto in un'ottica di vera autonomia, elencando i principi che vi sottendono. Il principio fondamentale dell'autonomia è il principio di sussidiarietà: i problemi si risolvono al livello in cui si possono risolvere. Un Comune deve agire nel proprio ambito costruendo strade, definendo i piani regolatori o gli interventi di politica culturale o altro, fino al punto in cui riesce a risolvere i problemi; Provincia, Regione e poi Stato devono intervenire soltanto laddove i problemi siano provinciali, regionali o statali. Si disarticola quindi un sistema di controlli asfissianti, tradottosi in inerzia e burocratizzazione dell'attività amministrativa, per il quale l'atto di un Comune, ente competente più vicino ai cittadini sul territorio, doveva passare al vaglio di infiniti pareri, autorizzazioni e verifiche prima di essere esecutivo. Attorno al principio di sussidiarietà si è svolta all'interno della commissione bicamerale anche la grande discussione sul ruolo dei privati nei rapporti con lo Stato.

    La legge 127/97, la cosiddetta Bassanini 2, oltre a modificare alcune disposizioni della prima legge, completa il disegno di snellimento amministrativo e di autonomia della pubblica amministrazione, riferendosi in particolare agli enti locali in rapporto ad altre importanti leggi emanate in questo periodo, e cioè l'ormai basilare decreto legislativo 29/93 di riforma del pubblico impiego, e le successive leggi sulla contabilità pubblica, sul bilancio degli enti locali e della pubblica amministrazione, tra cui il decreto legislativo 77/95 e il decreto legislativo 94/97. Un punto importante della legge Bassanini 2 è nell'affermare che le competenze possano essere attribuite non solo ai dirigenti, ma anche ai cosiddeti 'apicali', cioè ai responsabili di un servizio, che nei Comuni più piccoli significa dare responsabilità amministrativa e contabile diretta anche ad impiegati inquadrati nel sesto livello. Le altre leggi citate sviluppano il principio di autonomia e di responsabilizzazione dei dirigenti, a partire dagli enti locali principalmente attraverso il Piano Esecutivo di Gestione (PEG). Questo prevede che all'inizio dell'anno la giunta dell'ente locale individui gli indirizzi fondamentali di azione in ciascun settore ed attribuisca un budget di spesa al dirigente responsabile, il quale lo gestisce in piena autonomia avendo l'obbligo di raggiungere i risultati progettati, che alla fine dell'anno saranno sottoposti a verifica. Il bibliotecario di ente locale quindi non è più l'impiegato che ha bisogno di una delibera di giunta per acquistare i libri, ma è il funzionario che gestisce un servizio, ha un'attribuzione concreta di responsabilità e risponde del soddisfacimento di determinati obiettivi. Questa micro-autonomia gestionale rappresenta una risposta diversa rispetto agli istituti formalizzati dell'autonomia quali l'Istituzione, la Società per azioni o altro.

    Per concludere l'illustrazione del quadro legislativo che fa da cornice alla discussione di oggi ricordo gli interventi più significativi presentati alla tavola rotonda nel congresso AIB di Napoli. A nome della segreteria del Ministro della funzione pubblica Bassanini, parlò Alberto Piccio che, nello sviluppare il tema delle riforme già deliberate e di quelle in corso di attuazione, con particolare riferimento alle leggi Bassanini 1 e 2, ha individuato tre principi fondamentali - quello dello 'Stato leggero' (lo Stato che decentra e perde competenze), il principio di sussidiarietà e il principio di cooperazione - quali principi che definiscono una pubblica amministrazione orientata verso l'utenza.

    Il principio di cooperazione, già presente nella legge 142/90 e ben sottolineato nella legge 59/97 (Bassanini 1), enuncia la necessità di definire formule, anche nuove, che assicurino insieme ai principi di completezza, di organicità dei servizi, di autonomia e di sussidiarietà, il raccordo per fornire un servizio adeguato al cittadino e all'utente, coordinando i diversi livelli istituzionali. Il secondo filone di principi sottolinea l'autonomia del dipendente, del funzionario, e quindi anche la sua responsabilità. Per quanto riguarda le categorie tecniche, responsabilità e autonomia evocano naturalmente la necessità di riconoscimento e di garanzia della professionalità. Quello che per il professionista è il riconoscimento della propria professionalità è al tempo stesso garanzia per l'utente che l'autonomia venga attribuita a persona in grado di svolgere il servizio secondo correttezza scientifica e professionale. Il terzo discorso, il più ampio, riguarda la privatizzazione del rapporto di pubblico impiego, un processo iniziato con l'emanazione del decreto legislativo 29 ed ancora largamente incompleto, ma che rappresenta sicuramente la strada su cui è incamminato il rinnovamento dell'amministrazione.

    All'intervento di Piccio hanno fatto seguito altri interventi. Di particolare interesse è stato l'intervento del prof. Palma, portavoce della commissione di riforma del Ministero dei beni culturali, nota come commissione Cheli, incaricata di definire una nuova struttura dell'attuale Ministero dei beni culturali e ambientali, che ambisce a diventare un Ministero delle attività culturali assumendo competenze oggi attribuite ad altri Ministeri o alla Presidenza del Consiglio. L'azione della commissione viene a incastrarsi tra i decreti delegati di cui alla legge 59/97, che il Governo è tenuto ad emanare entro il '98, cioè all’interno della necessità di ridisegnare la struttura istituzionale amministrativa dello stato italiano alla luce della stessa legge 59/97 e un domani alla luce della riforma costituzionale. Non abbiamo saputo molto dal prof. Palma, perché evidentemente vi era ancora un ampio margine di riservatezza sui lavori della commissione, che a giorni dovrebbe divulgare un suo documento, ma sarà utile richiamare gli argomenti cui è stato fatto cenno. La legge 616/77 attribuì la funzione di tutela dei beni librari a livello regionale. Di conseguenza mentre in vari settori dei beni culturali, quali i beni artistici o i beni archeologici, esistono ancora le soprintendenze statali, le funzioni proprie delle soprintendenze per i beni librari sono state trasferite ad appositi uffici regionali. Contradittoriamente sia la proposta di revisione della Costituzione, nell'elencazione delle materie di competenza statale, sia la legge Bassanini richiamano la funzione della tutela bibliografica alla competenza centrale. Questa riappropriazione centralistica di una funzione può apparire una stranezza in un impianto tutto orientato al federalismo, ma il problema non può essere liquidato con una facile battuta. Sappiamo infatti che in questi anni le Regioni hanno svolto questa funzione non sempre in modo soddisfacente, tranne nel caso di lodevoli eccezioni, e sappiamo come questa attribuzione di competenze sia stata in contraddizione rispetto al mantenimento di altre competenze a livello statale. Oggi quindi non si tratta probabilmente e semplicemente di ritrasferire competenze, quanto piuttosto di definire un procedimento di tutela e di valorizzazione dei beni culturali e librari delle biblioteche, in qualche modo coordinato tra i diversi livelli di governo.

    Il secondo argomento che più suscitò interesse in platea fu quello inerente la professionalità, e più in particolare la previsione che a guidare i futuri dipartimenti di questo Ministero e le politiche nel campo dei beni librari saranno non dei funzionari amministrativi veri e propri ma dei tecnici o delle grandi personalità. Al che tutti i presenti hanno capito che bisognerà vigilare affinché gli incarichi siano assunti da tecnici con professionalità specifiche, per contrastare la tentazione di insediare un grande nome famoso ma di scarsa competenza tecnica alla direzione dei servizi.

    Questo, grosso modo, è lo stato dell'arte in cui si trova la trasformazione in corso; trasformazione forse contraddittoria e lenta ma che consiste in una necessaria opera di rinnovamento istituzionale e amministrativo ed entro la quale si pone anche la riforma dei Conservatori e delle Accademie di belle arti, l'Atto Senato 3881, che ad una prima lettura sembra avere molti punti di consonanza con la tematica più generale. Ma qui finisce il mio intervento e do la parola su questo argomento a Federica Riva.

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    Federica Riva
    Conservatorio di musica Arrigo Boito, Parma
     

  • La situazione attuale delle biblioteche e la riforma degli Istituti di istruzione artistica

    Sommario: La legislazione vigente. La situazione di fatto. I servizi offerti e l'apertura al pubblico nelle biblioteche dei Conservatori. Le informazioni sulle biblioteche di Conservatorio nell'Anagrafe del Sistema bibliotecario nazionale. Le riforme: l'autonomia. Il contratto di lavoro. La riforma istituzionale. 
     

  • Per capire il significato dei cambiamenti in atto negli Istituti dipendenti dall'Ispettorato per l'istruzione artistica e per prevedere gli effetti che questi cambiamenti produrranno sulla gestione delle biblioteche e dei musei è necessario mettere a confronto in una breve panoramica la legislazione vigente, come tutti sanno antiquata e lacunosa, la situazione di fatto, che ritengo essere non molto nota nella sua realtà concreta, e le tre diverse forme di rinnovamento in corso: l’autonomia gestionale, il contratto di lavoro dei dipendenti della Pubblica istruzione e la riforma istituzionale connessa alla riforma degli studi musicali in Italia. In un prossimo futuro sarà infatti necessario reinquadrare alla luce dei principi riformatori generali sia la gestione della biblioteca sia il rapporto tra biblioteca e istituzione di appartenenza.

    La legislazione vigente. Alcuni punti fermi della normativa vigente, presentati in ordine cronologico, posso dare la misura della situazione attuale. La legge 734/1912, Ruoli organici degli istituti di belle arti e di musica, e il conseguente decreto luogotenenziale 1815/1918 costituiscono l'unica normativa specifica esistente per le biblioteche, la cui validità è stata riattestata dal recente decreto legislativo 297/1994, il Testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione. La normativa fu emanata per i Conservatori di Milano, Napoli, Palermo, Parma, per l'Istituto musicale di Firenze e per 13 istituti di belle arti; essa non contiene ovviamente riferimenti espliciti all’Accademia nazionale di danza, sorta circa trenta anni più tardi. Gli articoli per le biblioteche dei Conservatori (art. 244-255) e per le biblioteche delle Accademie (art. 147-152) contengono alcuni principi fondamentali. Per i Conservatori si afferma che:

    • la gestione della biblioteca è affidata al bibliotecario sotto l'alta sorveglianza del direttore (art.245);
    • la biblioteca è aperta all’utenza interna dell’Istituto (docenti e studenti) e al pubblico (art. 244).
    • si regolamenta il prestito interbibliotecario (art.251).


    Questo impianto è ripreso in maniera più sfumata per gli Istituti di belle arti, dove:

    • la gestione della biblioteca è affidata al professore di storia dell’arte che ha le funzioni di bibliotecario (art.147);
    • il libero accesso alla biblioteca è garantito per l'utenza interna ed è ampliata agli studiosi su permesso del direttore dell'Istituto (art.150).
    • il prestito è limitato ai libri e per i soli insegnanti (art.151).


    In effetti la situazione di fatto rispecchia ancora oggi questa differenza; il bibliotecario è presente negli organici dei Conservatori ma non in quelli delle Accademie di belle arti; le biblioteche dei Conservatori sono aperte al pubblico, seppure tra le molte e amare difficoltà, mentre le biblioteche delle Accademie sono assai più difficilmente fruibili non solo dagli studiosi ma anche dalla stessa utenza interna.

    Altre norme definiscono la presenza del personale per la distribuzione dei libri (art. 147, 148 e 245, personale poi soppresso con la successiva legge 262/1963), la gestione dei cataloghi (art. 149, 252) e del servizio di lettura in sede (art. 150). Nel caso delle Accademie ulteriori specificazioni inerenti la gestione sono rimandate al regolamento interno dell'istituto (art.152). Per i Conservatori si dettano invece norme per la tenuta di inventari e di registri (art. 248, 250), per la riproduzione (art.247), per gli acquisti (art. 246 e 249), e per l'organizzazione dei musei (art.251). Nell'insieme la biblioteca risulta essere sostanzialmente autonoma nella gestione quotidiana rispetto all'Istituto di appartenenza, disponendo di propri inventari e di un proprio protocollo per la posta, ma di dipendere dall'Istituto per quanto attiene il personale e i costi sia di gestione sia di incremento del patrimonio.

    La legge 262/63, Ordinamento amministrativo e didattico dei Conservatori di musica, delle Accademie di belle arti e annessi Licei artistici e delle Accademie nazionali di arte drammatica e di danza …, dotando gli istituti di una certa autonomia amministrativa, istituisce i Consigli di amministrazione e ne regolamenta l'attività. Da essa dipendono alcuni dei vincoli che ostacolano una conduzione efficiente degli istituti, e che si riflettono nella gestione delle biblioteche, come ad esempio il limitare ad un numero fisso (5) gli impiegati della carriera esecutiva (art.9) e l'obbligo di trasmettere al Ministero della pubblica istruzione il bilancio annuale per la sua approvazione (art.4), adempimento che protrae l'incertezza dei Consigli di amministrazione sulle definitive possibilità di spesa per la durata di quasi tutto l'anno corrente. Inoltre il limite di spesa autonoma concesso al presidente del Consiglio di amministrazione, è attualmente fermo a L.100.000 (art.3), laddove il limite di spesa autonoma di un Dipartimento universitario è stato recentemente elevato, come abbiamo sentito dal collega Pietro Zappalà, a diversi milioni. Se a questi vincoli si aggiunge il fatto che la competenza a finanziare parte delle spese di funzionamento è stata recentemente trasferita dal Ministero della pubblica istruzione all'ente locale, la Provincia, si avrà chiaro il quadro delle difficoltà esistenti in questo complesso momento di transizione, non solo nel gestire le uscite ma anche nel veder assicurate le entrate.

    In buona sostanza risulta che mentre il D.Lgt. 1518/1918 definisce il rapporto esistente tra la biblioteca e l'istituto, la legge 262/63 non si preoccupa di definire il rapporto tra l'istituto e la biblioteca. Molte difficoltà di gestione hanno origine nella struttura del bilancio dell'istituto, nel quale i costi inerenti alla biblioteca sono disseminati, anziché essere raccolte funzionalmente in uno o due capitoli del bilancio. All'interno delle spese correnti, nella suddivisione inerente le spese per acquisti di beni e servizi, si trovano ad esempio, gli acquisti di periodici e le spese per la rilegatura (cap.9), le spese per gli allacciamenti telefonici o i contratti di servizio informatici (cap. 7), mentre sono da imputare ai capitoli di bilancio delle spese in conto capitale i costi per l’incremento delle raccolte bibliografiche (cap. 29). Una totale mancanza di chiarezza si riscontra nella prassi per quanto attiene l'incremento delle raccolte di documenti sonori, frequentemente inventariati come beni di facile consumo, negando così di fatto il valore patrimoniale della raccolta. In verità la circolare Istruzioni amministrativo-contabiliper la compilazione del bilancio di previsione per l'anno finanziario 1996 (n.126 del 28 marzo 1996) definisce spese in conto capitale o d'investimento "quelle relative agli acquisti per impianti…., attrezzature e strumenti, materiale bibliografico, didattico e artistico, ecc." senza introdurre suddivisioni tra le diverse tipologie di materiali di uso didattico e artistico.

    La mancanza di un preciso punto di riferimento nel bilancio dell’Istituto contribuisce sicuramente ad una minor visibilità delle esigenze gestionali della biblioteca e fraziona la gestione stessa in procedure burocratiche non aderenti alle necessità reali, come si è dimostrato nel caso della suddivisione delle spese per l’acquisto di libri, di periodici e di documenti sonori, suddivisione per altro assente nei bilanci delle biblioteche dipendenti da altre amministrazioni.

    Altro significativo passaggio giuridico è il parere emesso dal Consiglio di Stato nell'adunanza generale del 25 giugno 1992 per il quale "le accademie e gli istituti musicali non sono assimilabili agli istituti scolastici di istruzione secondaria". L’applicazione di questo principio dovrebbe portare alla logica conclusione che anche le rispettive biblioteche non possono essere considerate biblioteche scolastiche tout court ma che va ad esse riconosciuta quella specificità già affermata per gli istituti cui appartengono, fatta salva una necessaria ulteriore caratterizzazione per le maggiori biblioteche storiche.

    Su questi precedenti si inserisce il discorso dell'autonomia. I primi tentativi di attribuire personalità giuridica ad Accademie e Conservatori risalgono al 1993. A seguito del'art.4 della legge finanziaria 537/93 il Ministero della Pubblica istruzione approntò uno schema di decreto attuativo già noto nel maggio 1994, per cui l'assemblea di fondazione della IAML-Italia a Firenze poté approvare un documento per sollecitare il Ministero ad inserire in quelle sede norme a favore delle biblioteche. Il decreto non fu poi approvato poiché venne a scadere la delega al governo per la sua emanazione. Nel 1997 l'attribuzione della personalità giuridica agli Istituti ricompare integrata nella legge Bassanini 59/97, il cui art.21 amplia "l'autonomia per tutte le tipologie di istituti di istruzione, anche in deroga alle norme vigenti in materia di contabilità dello Stato" (comma 1). La sua attuazione è definita da regolamenti (comma 2) attesi per il 31 marzo 1998. La specificità degli istituti di istruzione artistica è qui ribadita dal comma 11: "Con regolamento adottato ai sensi del comma 2 sono altresì attribuite la personalità giuridica e l'autonomia alle Accademie di belle arti, agli Istituti superiori per le industrie artistiche, ai Conservatori di musica, alle Accademie nazionali di arte drammatica e di danza, secondo i principi contenuti nei commi 8, 9 e 10 e con gli adattamenti resi necessari dalle specificità proprie di tali istituzioni". La sperimentazione dell'autonomia è stata avviata in questi giorni negli istituti di istruzione secondaria, ma bisognerà aspettare altro tempo prima che sia avviata negli istituti di istruzione artistica, dovendosi prima adattare i regolamenti generali alla loro specificità. Prima di esaminare i principali aspetti innovativi dell'autonomia e delle altre riforme è opportuno sospendere il ragionamento sulle norme per accennare alla situazione concreta in cui operano oggi le biblioteche e alle caratteristiche che identificano la loro specificità.
     

    La situazione di fatto. Il quadro normativo appena presentato si applica oggi alle 51 biblioteche esistenti nei Conservatori di musica, alle biblioteche delle Accademie di belle arti e alla biblioteca dell’Accademia nazionale di danza. Ad esso non fanno riferimento del tutto le biblioteche degli istituti musicali pareggiati, dipendenti dagli enti locali, che costituiscono invece un termine di paragone assai interessante per le biblioteche dei Conservatori di musica. Le biblioteche degli Istituti dipendenti dall’Ispettorato per l’Istruzione artistica, pur assai diverse per ricchezza e importanza, sono accomunate da alcuni fattori:

    • l’essere biblioteche specializzate, punto di riferimento per l’attività artistica e per gli studi relativi a ciascun settore (musica ­ arte ­ danza).
    • l’essere biblioteche multimediali, cioè che contengono documenti su diversi tipi di supporti, al di là, o meglio al di qua, del significato frequentemente attribuito al termine multimedialità in campo informatico.
    • il documentare l’attività didattica e artistica dei rispettivi istituti, testimoniando di conseguenza anche i rapporti tra il singolo istituto e le istituzioni culturali affini presenti sul territorio e il territorio stesso in senso lato.


    Non sarà qui inutile osservare come quest’ultima caratteristica differenzi, ad esempio, i Conservatori di musica italiani dalle università statunitensi: in queste ultime la presenza di fondi bibliografico-musicali di carattere storico è il frutto di una accorta politica degli acquisti sul mercato antiquario, laddove nei primi i fondi storici sono il frutto della vita dell'istituzione. Essi testimoniano la sua attività interna, gli antichi diritti al deposito sulle partiture delle nuove opere rappresentate nel teatro lirico locale e al deposito legale degli stampati musicali, mentre lasciti e donazioni testimoniano la considerazione dei privati.

    Il patrimonio di queste biblioteche è composto in parte significativa da fondi librari, ai quali si vanno accostando in alcune realtà più vivaci le fonti di informazione su supporto informatico (dai cd-rom di contenuto bibliografico alle reti telematiche) ed è caratterizzato da documenti di diversa tipologia:

    • nei Conservatori è preponderante la presenza di musica a stampa e manoscritta, cui si vanno aggiungendo i supporti sonori (dischi in vinile, cd-audio, cassette, nastri) e audiovisivi. Nelle maggiori biblioteche storiche sono presenti raccolte archivistiche e museali composte da strumenti musicali, fotografie, quadri, medaglie e cimeli di diversa natura.
    • nelle Accademie di Belle Arti si raccolgono anche beni di carattere museale statue, bozzetti, gessi, quadri, fotografie, disegni.
    • nell'Accademia nazionale di danza si trova la documentazione degli spettacoli di balletto messi in scena dall’istituto: costumi, bozzetti, video, fotografie, musica a stampa.


    Si può inoltre facilmente prevedere che l'introduzione dell'informatica nelle istituzioni scolastiche quale nuova metodologia multimediale di insegnamento porterà ad una crescita di acquisti di prodotti informatici su supporti di diverso tipo, che le biblioteche dovranno imparare a gestire. Il rischio assai concreto è che la novità confonda un po' le idee e faccia dimenticare che le necessità digestione dei nuovi documenti non differiscono da quelle dei libri o delle partiture di musica. Speriamo dunque di non assistere al proliferare nelle aule di 'armadi', 'scaffali', 'cassetti' per conservare i nuovi materiali, pronti all'uso per la didattica del singolo docente o gruppo di docenti, ma ingestibili nel tempo come risorsa per tutta l'istituzione.

    Pare dunque logico asserire che un’accorta politica culturale dovrebbe mirare a facilitare la gestione della molteplicità strutturale di questi patrimoni, che altro non è se non la testimonianza tangibile della complessità dei fenomeni artistici, e l'evoluzione tecnologica delle biblioteche. Al contrario una prospettiva che perseguisse la separazione dei materiali non potrebbe che risultare artificiosa, determinando un impoverimento dell’offerta culturale e di conseguenza del servizio che queste biblioteche possono offrire alla propria utenza.
     

    I servizi offerti e l’apertura al pubblico. Uno dei passi qualificanti il decreto del 1918 è il dichiarare le biblioteche dei Conservatori aperte al pubblico: per verificare lo stato attuale delle cose, dobbiamo per forza ripetere concetti espressi già da molti anni, cercando di ribadirli tramite i dati oggi disponibili. Non sarà inutile ricordare che il cambiamento degli istituti nel frattempo è stato notevolissimo per quanto riguarda il loro numero e diffusione sul territorio nazionale, l'ampliamento del corpo docente e la quantità della popolazione scolastica, passando da 12 istituti frequentati da al massimo 150 studenti nel 1947/48 ai 1300 studenti presenti oggi dei maggiori Conservatori o ai 4000 studenti dell'Accademia di belle arti di Brera.

    Per garantire un servizio a questa accresciuta utenza interna e al pubblico, è evidente che le biblioteche debbono poter contare sul personale necessario, mentre è fatto fin troppo noto come l’unico bibliotecario in organico nei Conservatori sia oggi solitamente affiancato da uno o due unità di personale non docente, cui far svolgere il servizio al pubblico, solo se accordato dalla direzione dell’istituto. Altre presenze saltuarie o continuative, quali i docenti comandati da altri ordini di scuole o i docenti soprannumerari interni, consentono di realizzare una maggiore efficienza del servizio, qualora il bibliotecario si accolli personalmente l'onere della loro formazione e li indirizzi verso attività specifiche come l'inventariazione o la catalogazione.

    Queste condizioni a dir poco proibitive fanno sì che le biblioteche di Conservatorio abbiano difficoltà a garantire il livello minimo di quel servizio pubblico non solo stabilito dalla legge ma anche fortemente richiesto dall’utenza, cresciuta negli anni recenti in tutte le biblioteche in maniera esponenziale. Una crescita che è arrivata al punto talvolta di stravolgere la funzione originaria delle biblioteche stesse, come accade a tante biblioteche pubbliche comunali o statali trasformatesi di fatto in biblioteche scolastiche e universitarie per accogliere la massa studentesca che straripa da scuole e da università, tuttora spesso prive di strutture adeguate alla propria utenza interna.

    L'urgenza di risolvere i problemi di carenze di organico ha giocoforza lasciato in ombra i servizi: le uniche indagini condotte sino ad oggi sul campo sono state incentrate sul personale e sulla consistenza dei patrimoni. Oggi è possibile attingere dati sullo stato di funzionamento delle biblioteche dall’Anagrafe delle biblioteche italiane, base dati annessa all’Indice del Servizio bibliotecario nazionale Le informazioni presenti nell'Anagrafe sono state raccolte tramite un questionario fatto pervenire alle biblioteche e sono aggiornate da un'attività di manutenzione ordinaria curata dall'Istituto centrale per il catalogo unico e le informazioni bibliografiche.

    Per giungere ad una sintesi delle informazioni si è proceduto con diverse interrogazioni della base identificando le biblioteche di Conservatorio in essa presenti; dalle schede così ottenute, composte ciascuna di più schermate, sono state estrapolate le schermate significative e infine i dati relativi sono stati elaborati in tabelle, che ne consentono la lettura sia biblioteca per biblioteca sia comparativamente (cfr. tavv. 1-3).

    Il quadro d'insieme che ne risulta è parziale e sfocato, in quanto non sempre i dati sono completi o aggiornati; pure da una simile indagine a campione si possono ricavare comunque alcune osservazioni di carattere generale:

    • Le 17 biblioteche di Conservatorio presenti nell’Anagrafe sono di dimensioni diverse e sono distribuite su tutto il territorio nazionale (Nord: 7, Centro: 4, Sud: 6). Si include la Sezione musicale della Biblioteca Palatina nel Conservatorio di Parma, retta dal regolamento delle biblioteche pubbliche statali.
    • Il decreto Lgt. 1815/18 è tuttora rispettata da quelle biblioteche che si dichiarano aperte a tutti (11) mentre sembrerebbe fraintesa da coloro che dichiarano un’apertura ‘riservata’ (6).
    • La chiusura annuale è dichiarata per il solo mese di agosto da 8 biblioteche; nei mesi di luglio e agosto da tre, mentre una sola biblioteca dichiara una chiusura di tre mesi ed in un unico caso si effettua anche un servizio ridotto.
    • Il servizio di informazioni bibliografiche è svolto da 14 biblioteche all’interno e da 11 all’esterno.
    • Il prestito locale è effettuato da 15 biblioteche, mentre 8 dichiarano di eseguire il prestito nazionale e 2 il prestito internazionale.
    • Il servizio di riproduzioni è attivato da 7 biblioteche, che consentono la riproduzione in fotocopie o microfilm, mentre solo 4 sono attrezzate per eseguire copie fotografiche.


    La lettura dei dati conferma l’impressione generalmente avvertita dell’estrema confusione esistente e della distanza venutasi a creare tra norma e prassi. La vetustà della norma è certamente uno dei fattori che contribuisce alla perdita di coscienza della norma stessa, che si avverte in maniera netta nella gestione quotidiana di una biblioteca di Conservatorio. Guardando però avanti, con la mente rivolta agli effetti della prossima autonomia, possiamo considerare come questo sia il momento opportuno per fare un bilancio dell'attività dei bibliotecari, giusto prima che nuove regole cambino le condizione del nostro operare. Misurare quanto la professionalità della nostra azione sia riuscita a contrastare la carenza legislativa, e quanto l'essersi fatti carico del significato culturale rappresentato da una biblioteca ben gestita abbia contribuito alla difesa della figura professionale del bibliotecario, possono essere due spunti di riflessione comune.
     

    Le riforme: l’autonomia. Torniamo dunque alla descrizione dei principi generali con cui si attuerà l'autonomia tramite i regolamenti di prossima emanazione previsti dalla legge Bassanini. Gli articoli 20 e 21 della L.59/97 contengono norme di ampio respiro relative rispettivamente al settore universitario, già dotato di autonomia, e al settore scolastico. L'art. 21 prevede norme di carattere organizzativo come il decentramento della gestione del servizio di istruzione dalle Amministrazioni centrali alle singole istituzioni (comma 1), l'armonizzazione delle istituzioni statali e non statali (c. 2), il ridimensionamento della rete scolastica entro il 31.12.2000 e l'obbligo ad avviare iniziative di formazione per l'attuazione dell'autonomia (c. 3,4); la riforma degli organi collegiali della pubblica istruzione a livello nazionale e periferico (c.15) e l'attribuzione della qualifica dirigenziale ai capi d'istituto (c. 16), come la riforma degli uffici periferici del Ministero (c.18). Dal punto di vista finanziario si definisce la dotazione per gli istituti a carico dello Stato (c.5) e si introducono norme sulla gestione finanziaria (c.14) che andranno a sostituire le attuali regole previste dalla legge 262/63. Altre norme indirizzano l'attività degli istituti verso un ampliamento dell'offerta formativa (c.10) e verso l'incentivazione dell'attività di aggiornamento e di ricerca, sempre a fini didattici (c.12).

    All'interno di questo ampio quadro si inseriscono i principi cui si dovrà ispirare la gestione autonoma degli istituti (art.8, 9, 10): alcuni di essi incidono essenzialmente sulla didattica, mentre altri sono di carattere più generale e sono proprio questi ultimi a offrire spunti anche per la gestione delle biblioteche, specie laddove si afferma che "l'autonomia organizzativa è finalizzata alla realizzazione della flessibilità, della diversificazione, dell'efficienza ed efficacia del servizio scolastico, alla integrazione e al miglior utilizzo delle risorse e delle strutture, all'introduzione di tecnologie innovative e al coordinamento con il contesto territoriale" (comma 8). Di particolare interesse sono i principi che ribadiscono l'esistenza di un legame tra la scuola e il territorio, indirizzando la gestione autonoma a realizzare "iniziative di utilizzazione delle strutture e delle tecnologie anche in orari extrascolastici e a fini di raccordo con il mondo del lavoro, iniziative di partecipazione a programmi nazionali, regionali o comunitari e, nell'ambito di accordi tra le regioni dell'amministrazione scolastica, percorsi integrati tra diversi sistemi formativi" (comma 10).

    Principi che all'atto pratico potrebbero tradursi, ad esempio, nell'incentivare l'apertura del biblioteche e nel rafforzamento del processo di informatizzazione coordinato sul territorio nazionale, nell'incentivare progetti biblioteconomici nell'ambito della pianificazione regionale per lo sviluppo delle biblioteche e iniziative di collaborazione con altri enti preposti alla formazione per lo sviluppo della professione del bibliotecario musicale e del conservatore di musei.

    Un primo effetto della legge sulla gestione delle biblioteche è l'abrogazione delle "disposizioni che prevedono autorizzazioni preventive per l'accettazione di donazioni, eredità e legati da parte delle istituzioni scolastiche" (comma 6).
     

    Il contratto di lavoro. L'applicazione dei principi guida dell'autonomia è stata anticipata nei fatti dai recenti contratti di lavoro del comparto scuola, che dovranno per altro essere prossimamente ridiscussi. Il contratto collettivo nazionale di lavoro siglato il 4.8.1995 e l'accordo successivo per il personale delle Accademie e dei Conservatori (G.U. 10.9.1996 n.212) determinano la riorganizzazione della vita interna degli istituti, introducendo la progettazione annuale delle attività e la loro verifica, incentivando la formazione di aggregazioni all'interno del Collegio dei docenti per stimolare la corresponsabilità di gestione e ridefinendo l’iter della carriera professionale dei singoli in una direzione che incentiva tutto il lavoro, e non solo quello didattico, svolto all’interno degli istituti.

    L'introduzione della progettualità ha qui conseguenze molto più ampie rispetto agli altri ordini di scuola in quanto, avendo gli istituti rifiutato in nome della propria specificità l'applicazione negli anni '70 dei decreti delegati, non hanno avuto modo di sviluppare in seguito né sedi istituzionali di confronto all'interno del corpo docente (eccetto il collegio dei docenti, fino ad oggi caratterizzato da un assemblearismo che lo rende strumento poco consono alla gestione), né di incentivare e di ufficializzare forme di collaborazione didattica. Se gli istituti sono dunque storicamente impreparati a recepire la progettualità, pure la sua introduzione sembra fondamentale alla miglior utilizzazione delle competenze esistenti, ad un aggiornamento dei metodi didattici e ad una miglior organizzazione del lavoro negli uffici amministrativi.

    La gestione della biblioteca dovrebbe beneficiare ampiamente di questa nuova impostazione, ad esempio per quanto riguarda l'aggiornamento delle raccolte: laddove la progettazione annuale si realizzasse in maniera corretta si dovrebbe ottenere che almeno una parte non indifferente delle esigenze didattiche sia manifestata pubblicamente, con un certo anticipo sullo svolgersi delle singole iniziative e in maniera coordinata, il che consentirebbe ai bibliotecari di provvedere, almeno per quella di parte di acquisti, in un arco di tempo precedente lo svolgersi delle attività didattiche. Più in generale l'elaborazione di un progetto annuale d'Istituto si configura per il bibliotecario come l'occasione per pianificare le esigenze di gestione della biblioteca, che vengono fatte proprie dall'intero istituto: una volta definita questa cornice la parte di gestione amministrativa che ne deriva dovrebbe risultarne facilitata.
     

    La riforma istituzionale. Benché sia la più lungamente discussa e attesa, la riforma degli studi sembra si venga a trovare in un certo ritardo strutturale anche nel contesto attuale. La storia dei tentativi di riforma succedutisi a partire dagli anni '60 è stata tracciata sia per quanto riguarda il dibattito culturale promosso dalla comunità scientifica, sia ricostruendo l'iter parlamentare delle diverse proposte di legge. Poco documentata è invece ancora oggi la decisiva influenza che ha avuto in questi anni il sindacalismo, nell'orientare il dibattito interno sulla riforma a misura delle aspettative sindacali e professionali del corpo docente. Si può ancora osservare come le due necessità - riformare gli studi e riformare le biblioteche - non abbiano generato in questi anni una spinta riformatrice comune, come se non si fosse riusciti a definire e a mettere in proporzionata relazione tra loro i rispettivi ambiti di competenza.

    L'attuale riforma prese consistenza in sede parlamentare nel 1995, durante la XII legislatura, quando vennero unificate alla Camera in un testo unico diverse proposte di legge e si formulò una delega al governo per la riforma dei Conservatori e delle Accademie che incideva negli studi superiori e inferiori. Su quella base il dibattito all'interno proseguì dell'attuale XIII legislatura; l'introduzione di un emendamento governativo ha quindi sostanzialmente modificato l'impianto della legge per coordinare la riforma degli studi musicali alla più generale riforma dei cicli scolstici.

    Il progetto di riforma dei Conservatori e delle Accademie di Belle arti e dell’Accademia nazionale di danza, approvato dalla Camera dei Deputati ed ora passato al Senato come A.S. 2881, ipotizza quindi l'istituzione e la parziale organizzazione di un livello universitario di studi in campo artistico facente capo a nuove strutture, gli Istituti superiori delle arti (ISDA) in cui confluirebbero le istituzioni attuali (art.2, 3, 7, 8, 11); inoltre essa delega alla riforma dei cicli scolastici il riordinamento della formazione musicale di livello inferiore (art. 10). Fine non ultimo della riforma dovrebbe essere infatti l'adeguamento dei titoli di studio dei musicisti a livello europeo onde evitare il protrarsi di una situazione di inferiorità in un mercato del lavoro già fortemente penalizzato a livello nazionale (art.5). Attualmente essa si limita a definire le modalità di passaggio delle competenze dal Ministero della pubblica istruzione al Ministero dell'Università e non si pone l'obiettivo di esplicitare i criteri che distingueranno gli istituti di carattere universitario dagli altri, rimandando la definizione dei requisiti, necessari agli istituti per permanere nel livello superiore dell'istruzione, ad un successivo decreto del Ministero dell'Università. A differenza di quanto sta accadendo, la personalità giuridica e la conseguente emanazione di regolamenti e di statuti, verrebbe attribuita in base alla legge sull'autonomia universitaria (9 maggio 1989, n. 168) e non più a seguito della legge Bassanini (art. 2).

    Nella sostanza la trasformazione istituzionale implica la ridefinizione delle finalità degli attuali istituti che vedrebbero affiancarsi al compito della formazione, compiti di ricerca e di produzione artistica in maniera più netta di quanto non sia già previsto dalla legge sull'autonomia.

    Dato l'antico disinteresse nei confronti delle biblioteche non meraviglia il fatto che anche in questa sede il problema sia affrontato sostanzialmente sottotono, in maniera contradditoria, rimandando al successivo decreto ogni presa di posizione in merito, e preoccupandosi in definitiva solamente di non incidere sulle casse dello Stato. Se da una parte si afferma infatti che, contestualmente alla definizione dei criteri di istituzione degli ISDA, si provvede "alla istituzione di nuovi musei e al riordino dei musei esistenti, delle biblioteche, ivi comprese quelle musicali, degli archivi sonori nonché delle strutture necessarie alla ricerca e alle produzioni artistiche" (art.4, comma 1 lettera d); dall'altra, con l'insidiosa motivazione di non voler aggravare di ulteriori costi la riforma, si ritiene di riuscire a effettuare la riforma di biblioteche e di musei e perfino di istituirne di nuovi senza altro personale che quello già attualmente in servizio negli istituti.

    In altre parole: in un momento in cui è universalmente riconosciuto che l'informatizzazione dei servizi è elemento prioritario per un'efficiente gestione, sembrerebbe che il legislatore ritenga opportuno e sufficiente far fronte alla situazione, ben che vada, con personale in esubero, senza porsi l'obiettivo di creare un collegamento tra esigenza del servizio e mercato del lavoro, specializzato e non.

    Oscuro risulta infine in questo contesto il riferimento inserito di recente agli archivi sonori, denominazione che identifica le strutture, presenti in istituzioni quali la Rai o la Discoteca di stato, e che non andrebbe confusa con le raccolte di documenti audiovisivi presenti nelle biblioteche.

    Conclusione. Nell'attuale momento di transizione sembra quanto mai opportuno che emerga una voce tecnica per far presente nelle sedi dovute i presupposti necessari ad una buona conduzione delle biblioteche. Fare propri i principi dell'autonomia, adeguando già da ora la propria azione ad una maggior assunzione di responsabilità, è però compito di ciascun bibliotecario. Può essere quindi utile aver presenti alcuni punti chiave del processo di trasformazione per garantire l'adeguamento della biblioteca alla nuova realtà:

    • è necessario essere presenti negli atti normativi che regoleranno la vita degli istituti ed in particolare nei progetti annuali d'Istituto, nello statuto e nella carta dei servizi, qualora questa fosse ripresa nell'ambito della scuola.
    • è necessario introdurre una progettualità annuale e pluriennale nella gestione della biblioteca da coordinare nella parte relativa alla progettualità didattica dell'istituto.
    • la progettualità potrebbe risolversi in un'ottima occasione per coordinare di fatto la gestione tra più biblioteche: a tal fine l'associazione professionale potrebbe essere la sede adatta per definire priorità di interesse comune o elaborare progetti comuni, come ad esempio, l'elaborazione di uno schema di regolamento per le biblioteche, il coordinamento dell'informatizzazione dei servizi, la razionalizzazione degli acquisti.
    • operare per far crescere la considerazione nei confronti della professione del bibliotecario sarà comunque il presupposto affinché l'attribuzione dell'autonomia coincida con un effettivo miglioramento delle condizioni di gestione nei singoli istituti: la professionalità del bibliotecario sarà elemento determinante per ridefinire lo spazio di azione della biblioteca all'interno delle nuove regole.

    TAVOLA 1

    Biblioteche dei Conservatori statali di musica presenti nella base-dati Anagrafe del Servizio bibliotecario nazionale nel giugno 1997

     

    Italia settentrionale

    AL 0134 Alessandria, Biblioteca del conservatorio statale di musica Antonio Vivaldi

    TO 0244 Torino, Biblioteca del conservatorio statale di musica Giuseppe Verdi

    GE 0148 Genova, Biblioteca del conservatorio statale di musica Niccolò Paganini

    MI 0344 Milano, Biblioteca del conservatorio statale di musica Giuseppe Verdi

    VE 0032 Venezia, Biblioteca del conservatorio statale di musica Benedetto Marcello

    VR 0131 Verona, Biblioteca del conservatorio statale di musica F.E. Dall’Abaco

    PR 0071 Parma, Sezione musicale della Biblioteca Palatina nel conservatorio Arrigo Boito
     
     

    Italia centrale

    FI 0035 Firenze, Biblioteca del conservatorio statale di musica Luigi Cherubini

    PS 0067 Pesaro, Biblioteca del conservatorio statale di musica Gioacchino Rossini

    PG 0387 Perugia, Biblioteca del conservatorio statale di musica Francesco Morlacchi

    RM 0266 Roma, Biblioteca musicale governativa del conservatorio S. Cecilia
     
     

    Italia meridionale e insulare

    CB 0110 Campobasso, Biblioteca del conservatorio statale di musica Lorenzo Perosi

    AV 0123 Avellino, Biblioteca del conservatorio statale di musica Domenico Cimarosa

    NA 0059 Napoli, Biblioteca del conservatorio statale di musica S. Pietro a Majella

    CA 0023 Cagliari, Biblioteca del conservatorio statale di musica G. Pierluigi da Palestrina

    SS 0200 Sassari, Biblioteca del conservatorio statale di musica Luigi Canepa

    PA 0093 Palermo, Biblioteca del conservatorio statale di musica Vincenzo Bellini



    TAVOLA 2
    Tavola sinottica della schermata 12: Accesso ­ Utenza

     

    Italia settentrionale

    Codice

    Condizioni di

    accessibilità

    Giorni

    Orario

    mattutino

    Orario

    pomeridiano

    Orario

    ridotto

    Chiusura annuale

    AL 0134

    Riservata

    Lunedì

    Martedì

    Mercoledì

    Giovedì

    Venerdì

    Sabato

    9.00-13.00
    9.00-13.00
    9.00-14.00
    9.00-14.00
    9.00-13.00
    9.00-12.30

     

     

    30.6 - 30.9

    TO 0244

    Aperta a tutti

    Lunedì

    Martedì

    Mercoledì

    Giovedì

    Venerdì

    Sabato

    8.30-12.30
    8.30-12.30
    8.30-12.30
    8.30-12.30
    8.30-12.30
    8.30-12.30

     

     

    15.7 -1.9

    GE 0148

    Riservata

     

     

     

     

     

    MI 0344

    Aperta a tutti

    Lunedì

    Martedì

    Mercoledì

    Giovedì

    Venerdì

    Sabato

     
     

    8.00 - 14.00
    8.00 - 14.00
    8.00 - 13.00
    14.00-20.00
    14.00-20.00
    14.00-20.00
    1.7 - 31.7
    1.8 - 31.8

    VE 0032

    Aperta a tutti

    Lunedì

    Martedì

    Mercoledì

    Giovedì

    Venerdì

    Sabato

    9.00 -13.00
    9.00 -13.00
    9.00 -13.00
    9.00 -13.00
    9.00 -13.00
    9.00 -13.00

     


    14.00 - 16.00

     

     

    VR 013

    Aperta a tutti

    Lunedì

    Mercoledì

    Venerdì

    9.00 - 13.00
    9.00 -13.00
    9.00 -13.00

     

     

    5.7 - 15.8

    PR 0071

    Aperta a tutti

    Lunedì

    Martedì

    Mercoledì

    Giovedì

    Venerdì

    Sabato

    9.00 - 13.00
    9.00 - 13.00
    9.00 - 13.00
    9.00 - 13.00
    9.00 - 13.00
    9.00 - 13.00

     

     

    12.8 - 24.8

    N.B I dati qui presentati corrispondono alle informazioni leggibili nella base dati Anagrafe. In alcuni casi gli orari non sono aggiornati alla situazione corrente.


    Tavola sinottica della schermata 12 : Accesso ­ Utenza

     

    Italia centrale

    FI 0035

    Riservata

     

     

     

     

     

    PS 0067

    Aperta a tutti

    Lunedì

    Martedì

    Mercoledì

    Giovedì

    Venerdì

    Sabato

    9.00 - 12.30
    9.00 - 12.30

    9.00 - 12.30
    9.00 - 12.30

     

    14.30 - 17.30
     

    14.30 - 17.30

     

    15.6 - 1.9

    PG 0387

    Riservata

    Martedì

    Mercoledì

    Giovedì

    Venerdì

    9.00 - 12.00

    9.00 - 12.00
     

     

    15.00 - 18.00
     

    15.00 - 18.00

     

    1.8 - 31.8

    RM 0266

    Aperta a tutti

    Lunedì

    Martedì

    Mercoledì

    Giovedì

    Venerdì

    Sabato

    9.00 - 13.00
    9.00 - 13.00
    9.00 - 13.00
    9.00 - 13.00
    9.00 - 13.00
    9.00 - 13.00

     

     

    1.8 - 31.8

     

    Italia meridionale e insulare

    CB 0110

    Aperta a tutti

    Lunedì

    Martedì

    Mercoledì

    Giovedì

    Venerdì

    Sabato

    10.30 - 13.30
    10.30 - 13.30
    10.30 - 13.30
    10.30 - 13.30
    10.30 - 13.30
    10.30 - 13.30
    16.00 - 18.00
    16.00 - 18.00
    16.00 - 18.00
    16.00 - 18.00
    16.00 - 18.00
    16.00 - 18.00

     

    1.8 - 31.8

    AV 0123

    Aperta a tutti

    Lunedì

    Martedì

    Mercoledì

    Giovedì

    Venerdì

    Sabato

    9.00 - 13.00
    9.00 - 13.00
    9.00 - 13.00
    9.00 - 13.00
    9.00 - 13.00
    9.00 - 13.00

     

     

    1.8 - 31.8

    NA 0059

    Riservata

    Lunedì

    Mercoledì

    Venerdì

    9.30 - 13.00
    9.30 - 13.00
    9.30 - 13.00

     

     

    1.8 - 31.8

    CA 0023

    Aperta a tutti

     

     

     

     

     

    SS 0200

    Riservata

     

     

     

     

     

    PA 0093

    Aperta a tutti

    Lunedì

    Martedì

    Mercoledì

    Giovedì

    Venerdì

    Sabato

     


    8.00 ­ 14.00

    9.00 ­ 14.00

    9.00 ­ 14.00

    14.00 - 20.00

    14.00 - 20.00

    14.00 - 20.00

     

    1.8 - 31.8

     

    TAVOLA 3

    Tavola sinottica della schermata 14:
    Informazioni bibliografiche, riproduzione, prestito

     
    Codice
    Informazioni
    bibliografiche
    Riproduzioni
    Prestito

     

    Servizio
    Interno
    Servizio
    Esterno
    Fotocopie
    Fotografie
    Microfilm
    Locale 
    Nazion.
    Internaz.

    Italia settentrionale

    AL 0134

    X

     

    X

     

     

    X

     

     

    TO 0244

    X

     

     

     

     

    X

     

     

    GE 0148

    X
    X

     

     

    X
    X
    X

     

    MI 0344

    X
    X
    X
    X
    X
    X
    X
    X

    VE 0032

    X

     

    X

     

     

    X

     

     

    VR 013

    X
    X

     

     

    X
    X
    X

     

    PR 0071

    X
    X

     

    X
    X
    X
    X

     

    Italia centrale

    FI 0035

     

     

     

     

    X

     

    X

     

    PS 0067

     

     

     

     

     

    X

     

     

    PG 0387

    X
    X

     

     

     

    X

     

     

    RM 0266

    X
    X
    X
    X
    X
    X
    X

     

     

    Italia meridionale e insulare

    CB 0110

    X
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    AV 0123

    La biblioteca non effettua servizi

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    CA 0023

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    SS 0200

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    PA 0093

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    Luisa Marquardt
    ITCS Pertini, Roma
     

  • La situazione odierna e le prospettive per le biblioteche scolastiche

    Sommario: Biblioteche nelle scuole secondarie superiori: legislazione. Normativa internazionale e realtà italiana. Formazione del personale. Riconoscimento istituzionale. Diffusione delle nuove tecnologie. Strumenti legislativi per nuove prospettive: leggi sull'autonomia, possibile ruolo delle circolari ministeriali. Ruolo della biblioteca scolastica nel sistema formativo e nel sistema bibliotecario.
     

  • Il presente intervento intende offrire un quadro generale della situazione attuale delle biblioteche scolastiche, con particolare riferimento ai problemi relativi al loro funzionamento, e riportare iniziative che aprono alcune prospettive di riforma.

    Esso in alcune sue parti si riferisce principalmente alla biblioteca della scuola secondaria superiore, non tanto per ragioni personali di chi scrive (che, pur operando da una ventina di anni in tale grado di scuola, ritiene di disporre comunque di una buona conoscenza della realtà bibliotecaria della scuola di base), quanto per ragioni storiche, essendo la situazione delle biblioteche delle scuole secondarie superiori generalmente più strutturata e, per certi versi, più 'matura' per rimeditarne ruolo e funzioni. Infatti il Regio Decreto n. 223 nell'aprile del 1909 definiva per la prima volta le biblioteche annesse agli Istituti di insegnamento superiore del Regno, agli istituti scientifici e letterari, agli istituti di belle arti, ai Regi conservatori ed istituti musicali quali 'biblioteche speciali e indipendenti dalla locale biblioteca governativa'. Tale disposizione, però, ignorava completamente le scuole medie e quelle elementari. In queste ultime, soprattutto a seguito della circolare ministeriale Credaro emanata nel 1911 e all'opera dell'Ente nazionale per le biblioteche scolastiche e popolari (nato nel 1932, sciolto nel 1977), si sono diffuse le 'bibliotechine' di classe.

    In ogni caso, biblioteche e 'bibliotechine' delle scuole italiane sono essenzialmente state - e continuano purtroppo in molti casi ad essere - soltanto uno strumento accessorio della didattica, ma tale situazione fortunatamente non è statica e presenta punte di eccellenza che fanno da propulsore in molte realtà locali e spingono al cambiamento un numero crescente di scuole.

    La polisemia del termine 'biblioteca scolastica' fa sì che con esso si intenda sia lo scaffale, all'occorrenza posto in corridoio o in sala-docenti, contenente qualche libro avuto in omaggio sia la biblioteca di oltre 500 m2, passando per un'infinità di gradi intermedi. Si stanno però via via diffondendo nuovi media e anche la fisionomia delle situazioni meno evolute sta progressivamente cambiando. Nelle situazioni eccellenti si può parlare di BSM o biblioteca scolastica multimediale nel senso indicato dalle Linee guida per le biblioteche scolastiche emanate dall’IFLA nel 1990, ovvero "la raccolta centralizzata, in ogni scuola, di materiale stampato e audiovisivo riunito sotto la supervisione di personale qualificato. Essa fornisce quante più risorse possibili nonché l'accesso, computerizzato o con altri mezzi, a ulteriori materiali e fonti di informazione" e "il suo ruolo si realizza:

    1. nell'essere un'effettiva risorsa culturale interna alla scuola, con il proprio personale, le proprie raccolte e le proprie strutture costantemente definiti sulla base della natura dei compiti degli insegnanti;
    2. nel costruire una positiva relazione tra gli insegnanti e i bibliotecari a vantaggio dell'apprendimento degli studenti;
    3. nel contribuire a una politica scolastica globale in cui tutti gli insegnanti e gli specialisti sviluppino le abilità nell'uso dell'informazione e aiutino gli studenti a metterle in pratica quando è necessario;
    4. nello sviluppare un processo in cui si passi dall'insegnamento basato sull'uso delle risorse all'apprendimento attraverso le risorse".

    La biblioteca scolastica multimediale è quindi il luogo per l'apprendimento di abilità informative e può sommariamente essere descritta anche come la risultante di variabili inscindibili: personale, dotazioni e strutture.

    Se le Linee guida parlano di staff per il personale addetto alla BSM, per quanto riguarda la nostra realtà possiamo rilevare che il funzionamento delle biblioteche scolastiche è garantito nella maggioranza dei casi da personale in esse impiegato a tempo parziale tra cui individuiamo:

    a) docenti per completamento dell'orario di cattedra o nelle ore a disposizione;

    b) personale A.T.A.;

    c) personale dipendente da enti locali in base a convenzioni con comuni o regioni (ad esempio, in Sardegna, alcune scuole si avvalgono dell'aiuto di bibliotecari regionali soprattutto per le operazioni di carattere più strettamente biblioteconomico).

    Per quanto riguarda il personale addetto a tempo pieno alla biblioteca scolastica, distinguiamo:

    a) personale docente:

    • insegnanti collocati fuori ruolo per motivi di salute e utilizzati ai sensi dell'art. 514 della legge n.297/1994 (già art. 113 ex DPR n.417/1974);
    • docenti soprannumerari appartenenti alle dotazioni organiche provinciali (o D.O.P.);
    • docenti utilizzati su progetti (ad esempio, contro la dispersione scolastica, sulla metodologia di studio o per la diffusione della multimedialità) approvati dal Consiglio d'Istituto e dal Provveditorato agli Studi;
    • coordinatori dei servizi di biblioteca (o C.S.B.) impiegati ai sensi della legge n.426/1988 e delle OO.MM. n.282 e n.283/1989;

    b) personale non docente:

    • personale ATA;
    • bibliotecari provinciali.

    Carente, quando non assente o da autodidatta, è la formazione. Formazione specifica in biblioteconomia scolastica hanno ricevuto i coordinatori dei servizi di biblioteca e i bibliotecari provinciali, ma entrambe le figure, ognuna per ragioni diverse, sono in via di estinzione. La prima è infatti subordinata alla soprannumerarietà e alla durata temporanea dell’incarico, limitato a un anno scolastico; l’altra, nata da progetti di valorizzazione del patrimonio librario e documentario delle scuole che diverse amministrazioni provinciali avviarono a metà degli anni settanta, sta progressivamente scomparendo a causa delle mutate competenze delle Province.

    A proposito della formazione del bibliotecario scolastico, vanno menzionati i corsi che, negli ultimi due anni, i vari IRRSAE - oltre a quelli effettuati a suo tempo per creare coordinatori dei servizi di biblioteca - attuano per diffondere nelle biblioteche delle scuole il programma di gestione documentaria IRIDE e formare al suo uso i docenti addetti a vario titolo alla biblioteca.

    Un primo tentativo di formazione ad hoc in ambito universitario verrà effettuato a Padova dove, dal 5 febbraio 1998, si terrà uno specifico corso di perfezionamento per la formazione del bibliotecario scolastico, diretto dalla dottoressa Donatella Lombello, presso il Dipartimento di Scienze dell'Educazione di quell'Università.

    Oltre alla mancanza di una preparazione specifica, un punto debole va individuato anche nella precarietà del personale nelle biblioteche scolastiche che vanifica l'impegno degli addetti e spesso rende impossibile la formulazione di piani di sviluppo anche a breve termine: anche esperienze particolarmente significative e 'sedimentate', come quelle maturate in alcune scuole, ad esempio all’ITC Abba di Brescia e al Liceo Scientifico Cornaro di Padova, sono state messe a dura prova. Nella prima scuola, in cui da anni si attua il progetto "Abbabourg" di educazione all’uso competente dell’informazione attraverso le fonti informative e documentarie, a nessuno dei docenti responsabili del progetto, che precedentemente erano stati distaccati su di esso a rotazione, non è stato concesso il distacco. Nell’altra scuola, un punto di riferimento particolarmente significativo anche per tutto il territorio per le numerose iniziative attivate e i servizi forniti, la nomina annuale è arrivata alla coordinatrice dei servizi di biblioteca ben due mesi dall’inizio dell’anno scolastico dopo mille incertezze. Si è infatti accentuata proprio in questo anno scolastico la tendenza generalizzata dei Provveditori a non concedere distacchi per progetti basati sulla biblioteca e quindi all'immotivata cancellazione di quanto di buono realizzato in precedenza in questo campo.

    Anche se l'attuale contesto vede le biblioteche scolastiche restare ancora in attesa di un chiaro riconoscimento istituzionale e svilupparsi negli spazi che di volta in volta queste riescono a ritagliarsi o a conquistare, sono tuttavia molte le realtà che sperimentano o si dispongono a sperimentare un ruolo diverso per la biblioteca scolastica: non più attrezzatura didattica ma centro di risorse per l'apprendimento, in cui acquisire abilità di ricerca e di apprendimento autonomo, trasversali rispetto al curriculum delle varie discipline.

    Lo studio di queste realtà italiane (e anche estere) particolarmente innovative ha costituito, assieme ad un'indagine campionaria su 2400 scuole e ad uno studio comparato della normativa, la base della ricerca affidata dal Ministero della pubblica istruzione - Ufficio Studi e programmazione alla Biblioteca di documentazione pedagogica di Firenze su La biblioteca scolastica: servizio, strumento, osservatorio per la promozione culturale nella scuola volta a delineare modelli possibili e praticabili di biblioteca scolastica e il profilo del bibliotecario-documentalista scolastico. Infatti, l'obiettivo prioritario della ricerca era quello di "fondare le basi teoriche e fornire i dati informativi" per:

    • un processo di rivalorizzazione delle biblioteche scolastiche in funzione di un appredimento autonomo, fondato sul padroneggiamento e l'uso critico delle risorse informative;
    • la realizzazione di prototipi per la formazione di bibliotecari-documentalisti scolastici (ovvero ipotesi di curricula formativi).

    Il modello di biblioteca scolastica risultante che dovrebbe auspicabilmente essere sviluppato su più larga scala, in linea con quanto è già in atto in molti Paesi, è un ambiente educativo che coinvolge allo stesso titolo bibliotecari, studenti e insegnanti. Nella biblioteca-centro di risorse, che dispone di tecnologie informatiche avanzate e utilizza strumenti multimediali, lo studente può accrescere la consapevolezza dei propri bisogni di informazione, generalmente difficili da identificare e formulare, appropriarsi di modi nuovi e strategici di utilizzare le fonti di informazione a sua disposizione, fare esperienza di forme individualizzate di apprendimento, che potrà trasferire in contesti diversi da quello della scuola.

    Il fenomeno della progressiva diffusione delle nuove tecnologie nelle scuole, diffusione sollecitata anche dalla direttiva ministeriale n.318 del 4.10.95, non sembra interessare direttamente le biblioteche scolastiche: si assiste sempre più all''attrezzaggio delle aule multimediali', secondo quanto recita la direttiva, e all'istituzione dei laboratori tecnologici, col rischio evidente che l'educazione alla multimedialità si risolva in mero addestramento all'uso delle nuove tecnologie piuttosto che nell'educazione all'uso competente dell'informazione. L'impatto delle nuove tecnologie nella biblioteca scolastica e nella formazione del bibliotecario-documentalista scolastico è stato uno dei temi principali trattati nell'ambito del seminario di formazione denominato A scuola di biblioteca che si è concluso il 29 novembre scorso.

    Tale seminario è stato organizzato, con la collaborazione dell'AIB, dai Ministeri della Pubblica Istruzione e per i Beni culturali e ambientali ed è nato da un protocollo d'intesa siglato il 21 giugno 1995 finalizzato all'attuazione di iniziative volte a promuovere la cultura del libro e della lettura e sensibilizzare docenti e studenti all'uso delle biblioteche (ovviamente, anche quelle scolastiche). Dai lavori svolti durante il primo modulo del seminario residenziale, cui hanno partecipato una quarantina di docenti di scuola secondaria superiore, è emerso chiaramente come non si possa parlare di biblioteca scolastica se questa non è inserita nel PEI, il progetto educativo di istituto, se non vi è un chiaro progetto didattico, se non vi sono idonei spazi ad essa dedicati e opportunamente arredati e attrezzati, adeguate dotazioni in grado di sostenere i percorsi di lettura, studio e ricerca - curricolari e non -, se docenti (e dirigenti) non considerano le risorse informative e documentarie vera e propria risorsa didattica. È anche risultato, in sintonia con le Linee guida dell’IFLA, che il bibliotecario-documentalista scolastico deve essere in grado di ricomporre le due diverse prospettive di utilizzazione della biblioteca scolastica, quella della lettura e quella della ricerca, e deve soprattutto consapevolmente assumere il ruolo di educatore, con specifiche competenze in merito alle abilità di ricerca, organizzazione e comunicazione delle informazioni.

    Quali le prospettive?

    Innanzi tutto sarebbe necessario inserire nei decreti attuativi dell'autonomia chiaramente la biblioteca scolastica e dare così un quadro di riferimento utile soprattutto a sostenere quelle realtà più deboli, a differenza di quanto genericamente fatto nel modello di carta dei servizi proposto alle scuole.

    Per quanto riguarda le strutture, si attendono le ulteriori norme e i decreti attuativi della legge n..23 del 16 gennaio 1996 recante le Norme riguardanti l'edilizia scolastica.

    Per quanto riguarda il personale, bisognerà aspettare la creazione delle figure di sistema per il riconoscimento del ruolo e l'istituzione della figura del documentalista scolastico, per la quale dovranno essere studiati appositi curricola formativi anche alla luce delle risultanze della ricerca della BDP e dei lavori del progetto "A scuola di biblioteca".

    Lo sviluppo delle biblioteche scolastiche potrebbe già da ora, senza attendere provvedimenti normativi a lungo (o biblico…) termine, essere sostenuto dall'emanazione di circolari volte:

    • a integrare la biblioteca nella programmazione educativa;
    • a dare una certa priorità ai progetti sulla multimedialità legati alla biblioteca scolastica;
    • a valorizzare e dare stabilità a quegli addetti (CSB, bibliotecari professionali, 'centotredicisti', ecc.) che dimostrino di aver impostato il lavoro di biblioteca in modo scientifico;
    • a favorire i collegamenti telematici con altre scuole e agenzie del territorio;
    • a diffondere modellistica e modulistica.

    È evidente quindi che, solo una biblioteca scolastica con ruolo e funzioni delineati a tutto tondo, nel senso su accennato, e non una scialba propaggine della biblioteca pubblica, potrà inserirsi a pieno titolo sia nel sistema formativo sia in quello bibliotecario.

    Fenomeni quali quello dell'utenza impropria che affolla tante biblioteche o dell'analfabetismo informativo di tanti universitari, molti dei quali alle prese per la prima volta con una 'vera' biblioteca, incapaci di formulare chiari quesiti informativi, di orientare e riorientare la propria richiesta verso le fonti di informazione più opportune, di valutare, scegliere e rielaborare criticamente l'informazione trovata, vanno affrontati in un'ottica sistemica intervenendo già dai primi gradi di scuola. Per questo, perché sia possibile formare individui in grado di esercitare a pieno titolo il diritto di cittadinanza nel mondo sempre più complesso dell'informazione, è necessario che nelle sedi istituzionali più opportune, al di là di quanto volontariamente già fanno gli operatori del settore, si affronti il problema del riconoscimento della biblioteca scolastica e quello delle figure professionali ad essa da adibire non più in maniera precaria e casuale.

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    Anna Maria Tammaro
    Coordinamento Centrale Biblioteche dell'Università di Firenze
     

  • L'organizzazione di un Sistema bibliotecario di Ateneo

    Sommario: 1. Il quadro normativo. 2. Le coordinate metodologiche: 2.1 Coordinamento 2.2 Progettualità 2.3 Valutazione efficienza/efficacia 3. L'esperienza fiorentina: 3.1 Analisi dei costi 3.2 Linee di attività e carichi di lavoro 3.3 Metodologia di valutazione efficienza/efficacia 4 Fattori positivi e negativi: 4.1 I fattori positivi 4.2 I fattori negativi. Conclusioni.
      

  • 1. Quadro normativo. Uno dei cardini della riforma del pubblico impiego è il D. Lgs. 29/93 che ha stabilito il principio di separazione tra funzioni di indirizzo politico e compiti di gestione. L'applicazione di questo principio alle università richiede agli organi accademici di definire gli obiettivi generali da conseguire, indicando le priorità e adottando le conseguenti direttive per la gestione. La seconda conseguenza, strettamente connessa, è che i dirigenti, per la realizzazione dei programmi a loro affidati, hanno la responsabilità di gestione. La particolare autonomia riconosciuta alle università in coincidenza dell'approvazione degli Statuti avrebbe dovuto veder realizzata la distinzione delle due funzioni, non nell'ottica della separatezza ma come esaltazione del ruolo del dirigente.

    La legge 537/93, di accompagnamento alla legge finanziaria 1994, è una legge storica per il mondo accademico perché ha improvvisamente introdotto un'ampia autonomia finanziaria degli atenei: ciò ha causato la più profonda riforma intrinseca dell'università italiana. La legge indica le prime norme sulla valutazione delle attività universitarie: da un lato obbliga le università ad istituire ognuna un proprio nucleo di valutazione interna; dall'altro introduce il criterio che il finanziamento ministeriale ordinario agli atenei venga suddiviso ogni anno in due quote, l'una percentualmente decrescente assegnata in base ai parametri storici; l'altra percentualmente crescente destinata ad operare un riequilibrio dei finanziamenti agli atenei in base ad opportune valutazioni. Le valutazioni spettano al Ministero che ha al suo interno un Osservatorio permanente sulla valutazione come organo tecnico di consultazione.

    La volontà di procedere ad una concretizzazione dell'autonomia nella gestione è nella L.59/97 (Bassanini 1). Lo snellimento dell'attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e controllo si realizza con una maggiore autonomia dei dirigenti, che peraltro non si traduce in totale discrezionalità ma è limitata in conformità a criteri generali. Viene affermato un modello di autonomia funzionale che rappresenta uno degli aspetti di maggiore innovazione perché sancisce il passaggio da un criterio istituzionale ad uno funzionale.

    Per brevità qui non è il caso di commentare il quadro legislativo delineato, ma di definire il significato di autonomia funzionale per la sua traduzione nell'attività quotidiana delle biblioteche universitarie. L'obiettivo dei complessi provvedimenti legislativi elencati è quello di migliorare in modo significativo e valutabile l'offerta di servizi all'utenza. Ogni biblioteca è un centro di responsabilità (budget unit) che opera per raggiungere uno o più finalità dell'università, guidata da un dirigente che si assume la responsabilità delle azioni intraprese. I vincoli all'autonomia funzionale restano fermi nei criteri generali di coordinamento all'interno dell'istituzione universitaria e soprattutto nella valutazione a posteriori dell'efficacia e dell'efficienza dei risultati.

    2. Coordinate metodologiche. La fase di profonda trasformazione che l'Università sta vivendo evidenzia la centralità del rapporto: qualità del servizio e autonomia. Il processo avviato è inarrestabile. La concretizzazione dell'autonomia funzionale nelle biblioteche universitarie deve seguire tre coordinate metodologiche: il coordinamento, la progettualità e la valutazione.

    2.1 Coordinamento. Ogni università deve costituire il Sistema bibliotecario, come insieme coordinato di biblioteche e fondi librari. Ciò ha le seguenti finalità:

    • avere una politica bibliotecaria che discenda dalla strategia dell'Ateneo;
    • integrare tante piccole realtà bibliotecarie isolate, che è la situazione più diffusa negli atenei, per concentrare gli sforzi e realizzare gli obiettivi condivisi.

    Bisogna raggiungere questo: un'autonomia forte che si combina con il governo centrale degli indirizzi. Sebbene distinti, questi aspetti devono integrarsi vicendevolmente e non essere incompatibili. La gestione per budget comporta una forte competizione per le risorse all'interno delle università: ad esempio lo spazio, il personale, le risorse finanziarie, eterne preoccupazioni delle università che ne dispongono sempre in modo insufficiente, divengono motivi di possibile discussione. L'autonomia funzionale dà una nuova occasione ai bibliotecari di sviluppare il senso d'appartenenza all'istituzione e di attivare forme di partecipazione alla strategia complessiva dell'Università in cui si opera. Il Sistema bibliotecario deve avere un regolamento d'Ateneo che colleghi le biblioteche alla sfera più ampia degli organi di governo dell'università.

    Il regolamento d'Ateneo dovrà inoltre prevedere un forte decentramento della gestione. Questo al fine di aiutare le biblioteche dell'autonomia nello svolgimento di servizi al pubblico che saranno certamente per quantità e qualità più complessi che in passato. Occorre però una precisazione, per evitare confusioni. E' evidente ad esempio che una biblioteca ora senza servizi al pubblico, ma riservata ad un'utenza interna, non potrà avere gestione autonoma. Questo non vuol dire che verrà chiusa, dovrà entrare in rete con altre biblioteche così da raggiungere insieme ad esse una dimensione, una massa critica di servizi di base che renderà possibile esprimere un proprio governo. Pertanto anzitutto il regolamento dovrà definire i criteri di servizio che una biblioteca dovrà avere per poter aspirare all'autonomia ed acquisire personalità giuridica. Laddove per affinità culturale o continuità logistica sia possibile, occorre che il regolamento preveda l'accorpamento delle funzioni gestionali, realizzando così economie di scala ovvero riduzioni degli sprechi marginali e maggior potenziamento del servizio, anche attraverso la centralizzazione di alcune funzioni essenziali. La biblioteca "comprensiva" (di area, di settore o altro) è un laboratorio di sperimentazione per favorire la mobilità del personale e la flessibilità dell'organizzazione.
     

    2.2 Progettualità. L'innovazione del quadro legislativo quale presupposto dell'azione riorganizzativa introduce l'aspetto della progettualità. Nessuna azione che voglia incidere profondamente e stabilmente sul fattore organizzativo può essere condotta senza la formulazione esplicita di obiettivi da raggiungere, il monitoraggio continuo e la valutazione finale del raggiungimento dei risultati.

    La gestione per budget è la prima progettazione a lungo termine che viene avviata nelle università. Il termine budget è a torto considerato un concetto legato alla contabilità. E' un metodo di programmazione del lavoro, per distribuire le risorse in base agli obiettivi prefissati ed alla loro importanza; è anche un sistema di verifica dei risultati. In altre parole con la gestione per budget si applica una gestione consapevole, tesa a dare il meglio. Il bilancio-programma implica la necessità di essere selettivi nella distribuzione delle risorse, identificando le priorità organizzative. Va fatta la scelta di obiettivi raggiungibili e coerenti con le finalità di servizio e vanno tradotti in risultati attesi, cioè in comportamenti verificabili che indichino di quanto ci si avvicina all'obiettivo fissato.

    Progettare è un approccio metodologico organizzato per fasi. Ogni progetto ha natura dinamica e si sviluppa nelle seguenti fasi: impostazione, programmazione, valutazione, correzione dell'impostazione. Fare un progetto significa intervenire in un'organizzazione, come quella bibliotecaria nelle università, modificandone la struttura organizzativa ed integrando la routine con processi trasversali di sviluppo. Esso inoltre richiede che si concordino a livello di Ateneo strategie operative e strumenti di verifica.
     

    2.3 Valutazione efficienza/efficacia. L'autonomia funzionale si regge su alcuni principi di base:

    • ciò che non è esplicitamente vietato è permesso (nella cultura burocratica ciò che non è esplicitamente permesso è vietato);
    • nessuno può esimersi dal rendere conto in modo trasparente dei risultati raggiunti.

    Detto in altri termini, l'autonomia significa responsabilità decisionale ai tecnici e si sostanzia in una valutazione finale. In passato era molto diverso: chi aveva responsabilità gestionali era tenuto al rispetto formale di regole emanate dall'autorità centrale, definite in regolamenti ed interpretate da circolari ed ordinanze. Non c'era nessuna consuetudine alla valutazione, vista come un sistema di controllo di adempimenti oppure tesa a dimostrare come si fossero usate bene le risorse.

    La L.537/93 (art.5, c. 22) ora prevede due distinti momenti di valutazione: l'autovalutazione e la valutazione esterna. L'autovalutazione costringe le persone interessate a riflettere sulla qualità media dei servizi all'utenza. Occorre definire rigorose modalità di valutazione, proprio nel rispetto dell'autonomia. La valutazione esterna è legata ai Nuclei di valutazione. Questi scaturiscono da un primo dispositivo normativo contenuto nella L.537/93 che ha avviato l'attività di valutazione nel contesto dell'autonomia finanziaria. La valutazione dei Nuclei è di efficienza ed efficacia complessive del Sistema e non entra nel merito della valutazione dei singoli bibliotecari, che è competenza dei responsabili delle strutture. Lo scopo dell'attività dei Nuclei è quello di favorire una maggiore consapevolezza dei risultati, verificando la corretta gestione delle risorse pubbliche.
     

    3. L'esperienza fiorentina. Il progetto di riorganizzazione adottato dal Sistema bibliotecario d'Ateneo dell'Università di Firenze si basa su:

    • attribuzione funzionale di biblioteche e fondi librari a 7 Poli gestionali;
    • centralizzazione delle procedure interne (acquisizioni e catalogazione) per Polo;
    • turnazione di tutto il personale al pubblico nei diversi punti di servizio dei Poli ed attribuzione di un'incentivazione al personale, che così contribuisce a realizzare gli obiettivi del Progetto;
    • centralizzazione a livello di Coordinamento centrale di Ateneo di alcune funzioni (coordinamento e valutazione del Sistema, formazione del personale, gestione dell'automazione e dei documenti elettronici, cooperazione con biblioteche esterne);
    • selezione, secondo una griglia di valutazione dei servizi, dei fondi librari di particolare interesse, aperti al pubblico dal personale del Polo;
    • realizzazione di gruppi ad hoc d'Ateneo temporanei per interventi eccezionali nei Poli o per attività di interesse generale.

    Nella particolare esperienza dell'Università di Firenze, il coordinatore bibliotecario ha l'autonomia organizzativa e la responsabilità di più biblioteche e più punti di servizio nel Polo. Il Progetto di riorganizzazione ha consentito di ottenere, in tutto o in parte, i risultati attesi di apertura delle biblioteche con orario di 60 h settimanali e di riduzione dei tempi di attesa dall'ordine alla disponibilità del libro. Sono inoltre aumentati i servizi bibliografici accessibili in via telematica.
     

    3.1 Analisi dei costi. La fase di impostazione del Progetto di riorganizzazione del Sistema bibliotecario d'Ateneo è partita dall'analisi dei costi. In particolare, era essenziale conoscere la distribuzione delle risorse umane e finanziarie nelle varie attività e servizi che le biblioteche fornivano. Lo scopo di questo approccio alla gestione era quello di identificare le risorse disponibili per servizi rinnovati, non certo per mantenere lo status quo. Per raggiungere gli obiettivi fissati, le risorse messe a disposizione dall'Università non erano destinate ad aumentare. Di conseguenza, bisognava analizzare l'impiego delle risorse per verificare la congruenza della loro distribuzione con la priorità dei servizi al pubblico, definita dal progetto di riorganizzazione. L'approccio quindi è stato: quali risorse sono impiegate per soddisfare i bisogni prioritari di servizio, come l'apertura protratta delle biblioteche e la velocità della disponibilità del libro? quante altre risorse sono impiegate in altre funzioni e servizi? L'analisi dei costi è stata quindi realizzata nell'ambito strategico della progettualità e dell'innovazione organizzativa.

    I costi rilevati sono stati quelli diretti (spese vive per acquisto di libri e riviste), i costi del personale ed i costi complessivi della struttura. I costi sono stati analizzati in quattro dimensioni:

    • tipologia di costo (ad esempio personale, acquisizioni, rilegature, edilizia, ecc.)
    • costo per sede: biblioteca, punto di servizio
    • costo per funzioni: procedure interne, servizi al pubblico, attività a pagamento, costi comuni
    • costi in percentuale della spesa delle biblioteche sulla spesa d'Ateneo.

    L'aspetto più importante dell'analisi dei costi ai fini della riorganizzazione è stato rilevare i costi del personale, distribuiti nelle diverse funzioni (Analisi funzionale dei costi). Per arrivare a questo dato si è proceduto ad identificare i centri di costo ed i carichi di lavoro.
     

    3.2 Linee di attività e carichi di lavoro. I centri di costo sono aggregazioni contabili significative ai fini dell'analisi della gestione e sono state identificati nelle linee di attività che fanno capo al centro di responsabilità biblioteca. In applicazione del D. Lgs.29/93 art. 6 una Commissione tecnica per le piante organiche nel 1994 aveva iniziato a Firenze la verifica dei carichi di lavoro, producendo il rapporto "Linee di attività per le biblioteche". Per effettuare l'analisi dei costi del personale distribuito per funzione, tali "Linee di attività" sono state rielaborate e semplificate. E' stato calcolato il costo del personale facendo ricorso allo strumento della rilevazione dei carichi di lavoro, come percentuale del tempo lavorativo del personale. Sulla base dell'effettivo tempo lavorativo sono stati computati i costi per linee di attività. Dall'operazione è stata ricavata la distribuzione percentuale dei costi funzionali.

    I costi indiretti (telefono, energia elettrica, ecc.) sono stati calcolati imputando a ciascun Polo un valore corrispondente a quello calcolato sulla base della percentuale di costo per singole linee di attività. In altre parole, l'incidenza dei costi indiretti varia al variare della percentuale dei costi diretti di gestione delle singole linee di attività. I costi vivi, i costi del personale ed i costi di struttura sono stati distribuiti tra i centri di costo.

    E' stato così possibile stabilire la percentuale di risorse utilizzata da ogni procedura bibliotecaria e verificare sprechi, distorsioni, inerzie. L'analisi funzionale dei costi è stata uno strumento essenziale per ripensare l'organizzazione del lavoro. Successivamente è stato possibile ridistribuire le risorse umane e finanziarie nei vari programmi di attività del Progetto di riorganizzazione. A tal fine sono stati presi in considerazione tre modelli di organizzazione del lavoro che offrono standard diversi:

    • standard orientati all'organizzazione interna e quindi alle singole attività svolte (CENSIS)
    • standard orientati al servizio (ACRL-USA)
    • standard orientati alle linee di attività (Ranganathan).

    Il modello prescelto è stato quello americano, con alcune correzioni che si sono rese necessarie per l'esistenza di fattori di aggravio organizzativi ed istituzionali come ad esempio la distribuzione di più punti di servizio nel territorio. Lo standard dei college universitari americani è stato ritenuto quello che più si avvicinava alle priorità di servizio del Progetto, perché prende le mosse dal numero di studenti effettivi e dalle loro esigenze di servizio.

    Il Progetto di riorganizzazione sta causando una crescita della qualità del lavoro, con la conseguente diminuzione degli organici di bassa qualifica: le loro funzioni sono state sostituite quasi completamente dalle macchine. E' attualmente in svolgimento un corso-concorso per la riqualificazione delle qualifiche funzionali di III, IV e V livello. L'organizzazione di lavoro scelta è quella del Gruppo di lavoro, una struttura organizzativa rivolta alla realizzazione di certi risultati .
     

    3.3 Metodologia di valutazione efficienza/efficacia. Attività essenziale del Coordinamento centrale è stata la riconsiderazione dei sistemi di controllo come sistemi di valutazione dei risultati del Progetto, reinterpretando la complessità dei processi tecnici con le sempre più rilevanti implicazioni economiche. Per questa attività è stato realizzato il Sistema informativo del Sistema bibliotecario d'Ateneo, che è l'insieme coordinato delle informazioni che riguardano le biblioteche dell'Ateneo. Le informazioni sono raccolte, archiviate ed elaborate sia per far fronte a tutte le richieste di informazioni degli uffici dell'Università sia per attuare il monitoraggio e la valutazione interna continua del Sistema bibliotecario.

    Obiettivi essenziali sono:

    • ottenere l'analisi quantitativa del Sistema bibliotecario con periodicità mensile, quadrimestrale, annuale secondo la tipologia dei dati;
    • archiviare i dati necessari per la redazione dei rapporti scritti e per la visualizzazione in rete dei dati;
    • consentire il monitoraggio del raggiungimento degli obiettivi;
    • tenere sotto controllo aggravi connessi alle varie procedure in diverse biblioteche per gli interventi consigliati dal caso;
    • fornire i dati che riguardano il Sistema bibliotecario d'Ateneo necessari ai processi decisionali.

    Il Sistema informativo è articolato in una banca dati e in un insieme di indicatori. La banca dati è formata da statistiche interne ed esterne. Le prime si ottengono dalla rielaborazione automatica dei dati immessi nel sistema automatizzato di gestione bibliotecaria (SBN e OPAC); le seconde si ottengono con ricerche e mediante la raccolta di dati che riguardano il Sistema bibliotecario provenienti da vari uffici amministrativi. I dati raccolti riguardano il contesto (utenza e spazi), le risorse dedicate (personale, finanziamenti, attrezzature), i processi interni ed infine i prodotti ed i servizi. Gli indicatori sono un insieme di rapporti tra i dati che sono stati ritenuti come i più significativi per rappresentare lo stato del Sistema bibliotecario. L'attività consentita è il monitoraggio, come dinamica temporale di indicatori omogenei nello stesso Polo e tra i Poli .

    Gli indicatori su cui si basa la valutazione sono i seguenti:

    • Indicatori generali (I1); misurano la rilevanza del Sistema bibliotecario d'Ateneo per la politica dell'Università.
    • Indicatori del Progetto (I2): servono per il monitoraggio dei risultati rispetto agli obiettivi del Progetto di riorganizzazione.
    • Indicatori di efficacia (I3): confrontano i risultati ottenuti rispetto all'utenza.
    • Indicatori di economicità (I4): misurano le risorse impiegate dal Sistema bibliotecario d'Ateneo, espresse in costi, confrontate con l'uso dei servizi da parte degli utenti.
    • Indicatori di efficienza (I5): output correlati agli input.
    • Indicatori di produttività del personale (I6): misurano la produttività del personale.
    • I primi tre indicatori sono misura della qualità del servizio. Gli altri riguardano l'uso delle risorse.

    A questa attività interna di valutazione, si è aggiunta la valutazione esterna dei Nuclei di valutazione dell'Università di Firenze, che hanno redatto un rapporto sulla riorganizzazione del Sistema bibliotecario.
     

    4. Fattori positivi e negativi. La riorganizzazione del Sistema bibliotecario fiorentino è un processo di particolare complessità e di lunga durata. E' un processo la cui fase sperimentale sembra ancora lontana dal concludersi. E' però possibile un primo bilancio.

    4.1 I fattori positivi. Il Progetto di riorganizzazione rappresenta sicuramente una fase importante di crescita per i bibliotecari, soprattutto nel processo di assumersi responsabilità gestionali ed imparare il pensiero strategico. L'esperienza finora era stata molto diversa: le responsabilità di direzione erano dei docenti mentre il compito dei bibliotecari era fronteggiare, con ripetitività, il quotidiano.

    Il Progetto di riorganizzazione ha introdotto utili innovazioni. La cultura del servizio orientato all'utente, con un continuo sviluppo contro il livello di servizio minimo, viene riconosciuta come criterio guida del Progetto. La gestione per obiettivi ha aiutato ad attivare un canale di comunicazione per lo scambio d'informazioni e per la trasparenza dell'organizzazione del lavoro. Ha inoltre introdotto una mentalità positiva sui temi della valutazione ed una cultura della valutazione.

    Ritengo che sia stato importante aver identificato i costi dei servizi e delle procedure, per la consapevolezza che ora c’è del valore delle attività bibliotecarie. Per le biblioteche non autonome, c’è stata in passato difficoltà a valutare i costi. Inoltre la classificazione dei servizi in funzionalità e linee di attività è piuttosto complessa così da scoraggiare spesso i bibliotecari. Ciò non di meno è necessario perseguire la valutazione a livello economico delle biblioteche, in aggiunta ed a complemento della misurazione dell'uso dei servizi. Non si può avere gestione responsabile ed autonoma senza la quantificazione delle risorse. L'analisi dei costi è di vitale importanza per una distribuzione consapevole delle risorse, in particolare delle risorse umane, e per fare scelte consapevoli per lo sviluppo dei servizi. Se si trascura, d'altronde, la contabilizzazione delle risorse, per dare rilevanza alla sola misurazione d'uso dei servizi, si rischia nel breve periodo di non ottenere risorse sufficienti per i bisogni dell'utenza.
     

    4.2 I fattori negativi. C’è ancora scarsa flessibilità ad interpretare l'autonomia all'interno dell'Ateneo. L'autonomia funzionale esercitata dai bibliotecari è limitata a quella organizzativa e non a quella finanziaria, in attesa delle disposizioni del Regolamento del Sistema bibliotecario, in fase finale di deliberazione. Il Sistema bibliotecario ha messo talvolta in luce situazioni organizzative particolarmente innovative di alcuni Poli, ma generalmente non è ancora riuscito ad ottenere effetti progressivi ed azioni strategiche di notevole innovazione organizzativa. Sostanzialmente convivono due organizzazioni parallele, la vecchia e la nuova, con i contrasti che si possono immaginare.

    Il motivo principale di questo 'relativo' fallimento è che un'organizzazione burocratica meccanicistica, come è oggi ancora l'istituzione universitaria, non è capace di diventare innovativa. Il vero ostacolo, che è stato incontrato fin dall'avvio del Progetto, ed ancora non è rimosso, è rappresentato dalla cultura organizzativa burocratica radicata nell'Ateneo.

    La battaglia di ogni giorno è contro la tendenza del Progetto di riorganizzazione a diventare routine, ad evitare di finire irrigiditi da regole e regolamenti, da proforma da compilare, in breve a difendersi dai burocrati. Malgrado il sistema di valutazione abbia evidenziato distorsioni non c'è stata nessuna sanzione per chi ha sbagliato e nessuna discussione propositiva sui problemi. Pianificare, in ultima analisi, rischia nell'esperienza fiorentina di essere un'attività burocratica che, associata alla filosofia della contabilizzazione, potrebbe degenerare in uno stile di gestione orientato a contenere i costi. La cultura organizzativa burocratica prevalente rischia di vanificare il modello di struttura organizzativa adottato a Firenze: divisione in Poli, controllo di indicatori di rendimento, funzioni centralizzate. La divisione in Poli, per molti bibliotecari ha come scopo principale quello di conservare una struttura burocratica. L'architettura per Poli non è stata sempre e necessariamente accompagnata da un alto grado di partecipazione del personale e neppure di autonomia funzionale all'interno dei Poli. Il rischio è questo: lo sforzo di dare ai Poli il beneficio dell'autonomia insieme al 'muscolo' della sicurezza finanziaria potrebbe fallire perché l'autonomia non è compatibile con il controllo ottuso dei costi.

    Se l'approccio per obiettivi, inoltre, può molto efficacemente regolare un processo di riorganizzazione, a mio parere è incapace di ispirarlo, non può cioè auto-generarsi, moltiplicando indefinitamente la coppia obiettivo-valutazione. In altre parole, l'innovazione organizzativa deve essere parallela all'innovazione tecnologica, ripensando globalmente la finalità bibliotecaria nell'evoluzione della biblioteca elettronica. In forte contrasto con questo quadro di continuo cambiamento, nell'esperienza fiorentina, permane la rigidità delle mansioni e l'inamovibilità del personale, criteri organizzativi strenuamente difesi dalle Organizzazioni sindacali. L'iter del libro (cioè tutte le attività dall'ordine alla disponibilità sugli scaffali) viene così ancora artificiosamente segmentato in una catena di montaggio che rende necessarie più persone che si passano il prodotto semi-lavorato aggiungendo ognuna un pezzettino fino ad arrivare al prodotto finito. E' stata ostacolata la mobilità tra Poli, pur resa necessaria dalla variabilità continua dell'utenza e dei flussi di lavoro.

    Come si cerca di evitare questi rischi? Con la visione strategica del progetto ed il continuo insistere sulla pianificazione prevista dal Progetto di riorganizzazione che si basa sulla centralità dell'utenza.
     

    Conclusioni. La gestione per budget risente di un'impostazione economicistica: prevede le analisi comparative dei costi e dei rendimenti con un riferimento continuo alle logiche dell'efficienza e della valutazione economica. Ci si potrebbe concentrare sulla misurazione delle procedure e ci si potrebbe porre obiettivi per incrementare l'output, senza tenere in debito conto i veri bisogni dell'utenza. Per chiarire: il rischio da evitare è che il valore monetario prevalga sugli obiettivi strategici di rinnovamento e sviluppo.

    Così, ad esempio, di fronte ad un predominio dei contabili nelle Università, qualche Coordinatore di Sistema bibliotecario potrebbe essere indotto a predisporre progetti strategici che non cercano di innovare le tradizionali biblioteche ma irrigidiscano quello che già si fa. Il danno possibile è quindi di disincentivare il cambiamento. Gli amministratori inoltre possono fare pressioni per avere risultati a breve termine, difficilmente realizzabili con progetti strategici di ampio respiro. In questo caso i progetti strategici potrebbero non essere abbastanza competitivi e trascinare le biblioteche dell'Università in posizioni di retroguardia. Se poi accade che i Coordinatori sono attaccati loro stessi alla tradizione, i sistemi di quantificazione sono intesi come sistemi di controllo che vegliano sulla produttività dei singoli ma non sanno pensare strategie. Sono inutili difese della organizzazione attuale.

    C’è un'altra critica alla misurazione dei costi come metodo per prendere decisioni: se si accentua l'attenzione all'input si misura l'efficienza e si trascura l'output, cioè l'efficacia. E' possibile infatti che qualche Coordinatore si accontenti delle misure di costo, che sono relativamente più facili da conoscere, e non predisponga batterie di indicatori di rendimento complete anche della misura di aspetti relativi all'uso.

    La centralità dell'utente nella riorganizzazione delle biblioteche universitarie non è mai abbastanza sottolineata. Di solito l'utente delle Università è ben conosciuto ed è anche un utente molto esigente, che non si fa trascurare. Ciò nonostante, è stato in passato spesso insufficientemente considerato, per perseguire modelli di biblioteca estranei alla tipologia universitaria. Una prima fase della misurazione e valutazione del rendimento, laboriosa ma necessaria, dovrà prendere l'avvio dall'utilizzazione delle risorse per cambiare, in un ambito di progetto di riorganizzazione, se si scopre che ciò che viene fatto non corrisponde a ciò di cui gli utenti hanno bisogno. L'azione necessaria nella presente situazione di sviluppo dei servizi, è di sburocratizzazione delle biblioteche universitarie, costruendo uno stile organizzativo innovativo. Questo significa che l'autonomia di budget comporta:

    • prima di tutto, avere un forte orientamento all'utenza nel ripensare i servizi;
    • avere una strategia basata su priorità di servizio (e non una cost leadership);
    • avere una chiara visione strategica a lungo termine;
    • mantenere la coesione interna del Sistema bibliotecario nell'ambito dell'Università.

    Tutto ciò è sicuramente difficile da applicare: per i coordinatori significa cambiare lo stile di comando ed abbandonare la tradizionale cultura organizzativa formalistica e burocratica, per i bibliotecari cambiare conseguentemente il loro modo di comportarsi.

    Viene da chiedersi quale impatto avrà il modello di autonomia organizzativa e finanziaria, tratteggiato nel quadro normativo, su una cultura organizzativa che nelle università è ancora troppo poco orientata alla responsabilità dei tecnici, alla logica progettuale ed alla cultura della valutazione. Una sostanziale debolezza progettuale insieme alla complessità dei Sistemi bibliotecari sottolineano i rischi di un processo di riforme che non preveda interventi e strumenti di accompagnamento della cultura dell'autonomia, senza i quali difficilmente si sarebbe in grado di sostenere l'insieme delle responsabilità e delle funzioni da svolgere.

    Due interventi mi sembrano urgenti per concretizzare correttamente l'autonomia delle biblioteche universitarie:

    1) Il primo intervento deve essere finalizzato a dimostrare e difendere la specificità del ruolo dei coordinatori e dei bibliotecari rispetto a quello degli amministrativi e dei docenti. Nel nuovo quadro legislativo non è specificata la dirigenza tecnica ed attualmente si può solo attribuire ai bibliotecari compiti amministrativi di gestione. L'attività tecnica dei bibliotecari dovrà essere riconosciuta come attività specifica.

    2) Il secondo intervento riguarda le forme di aggiornamento. Sono necessari corsi di preparazione per i dirigenti di biblioteca insieme alla definizione del nuovo profilo professionale del bibliotecario ed in particolare del coordinatore e del direttore.

    Una prima forma d'intervento per sostenere l'innovazione introdotta dall'autonomia organizzativa è rappresentato da una formazione diffusa e capillare a sostegno all'innovazione, oltre che a seminari che siano spunti di riflessione teorica e metodologica per quanto attiene l'attività progettuale ed il processo di valutazione.

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    Dibattito 

    Introduce la discussione Lazzari sottolineando come - fermo restando lo scrupoloso rispetto degli standard e delle norme - sia in questo momento fondamentale occuparsi dell'organizzazione e della razionalizzazione dei servizi. Le possibilità offerte dalla catalogazione derivata danno modo di spostare risorse dalle attività tecniche e gestionali a quelle di informazione e documentazione. Marquardt e Riva intervengono sulla figura dell’'uomo ombra tecnologico', ossia di quei docenti che - con una certa esperienza nelle nuove tecnologie - tendono ad interferire pesantemente nel lavoro del bibliotecario e nella conduzione scolastica in generale. Solo nei casi in cui il bibliotecario riesca a padroneggiare le tecnologie riesce a conservare una possibilità di intervento nella programmazione.

    Riva: Un modulo organizzativo simile a quello adottato dal sistema bibliotecario d'Ateneo di Firenze è estensibile su piano nazionale? Se lo fosse le biblioteche specializzate musicali diffuse su tutto il territorio nazionale potrebbero tramite SBN cooperare nella gestione della catalogazione e, almeno a livello regionale, nella gestione del prestito. In Emilia, ad esempio, la biblioteca dell’Istituto musicale pareggiato Peri di Reggio Emilia è molto fornita di materiale contemporaneo, mentre la Sezione musicale della Biblioteca Palatina ha notevoli fondi storici.

    Tammaro: Sicuramente sarebbe un bene fare una rete di biblioteche musicali, ciascuna specializzata in un particolare ambito, unendo poi i servizi dal prestito alla catalogazione, che può essere anche centralizzata, alla programmazione degli acquisti anno per anno. Naturalmente però l’organico vi serve: un minimo di sopravvivenza lo dovete avere. Il calcolo dei carichi di lavoro è anche un indicatore che segnala la quantità di personale necessario in una biblioteca.

    Zecca Laterza: Per ora abbiamo - quando va bene - dei bidelli (personale ATA) distaccati dal Conservatorio. In alcuni casi siamo riusciti ad avere docenti soprannumerari, fino a sette, che abbiamo cercato di istruire e professionalizzare: alcuni insegnanti di educazione musicale sono diventati degli ottimi catalogatori in SBN. La biblioteca del Conservatorio di Milano riesce peraltro ad essere sempre in pari: comperando diciamo 3000 libri all’anno la biblioteca cataloga e mette a disposizione del pubblico il libro nel giro di una settimana. Il servizio al pubblico, anche in mia assenza, è svolto da sei bidelli che riescono a offrire inoltre un servizio di assistenza all'utenza nell'interrogazione della rete SBN, anche se in possesso della sola licenza media inferiore. La persona che aggiornava a mano gli schedoni dei periodici adesso inserisce i dati in SBN. Il bibliotecario naturalmente si adopera perché ottengano l’incentivo, ma la situazione nell'insieme è folle.

    Marri: Dalla discussione di oggi emerge come la vecchia situazione sia destinata a scomparire: è quindi forse inutile chiedersi, nel caso degli acquisti, se bisogna far fare i preventivi o meno, mentre molto spesso le richieste dei bibliotecari si arenano negli istituti, e non per colpa del Ministero. Si deve lavorare in modo più manageriale, moderno e mobile. L'arrivo dell'autonomia, anche economica, richiederà che si impari a trattare all’interno degli istituti, cercando di convogliare risorse sulle biblioteche. Grazie allo sfruttamento della propria autonomia gestionale alcuni istituti musicali lavorano molto meglio dei conservatori. L’Istituto musicale di Livorno da cui provengo, ad esempio, è in controtendenza: cresce come numero di allievi, fa i piani d’istituto, fa programmazione, riesce a convogliare risorse della Regione, della Comunità Europea, per corsi extra, per alcune centinaia di milioni all’anno. Quando va in pensione un insegnante di pianoforte, non lo sostituisce con un altro insegnante di pianoforte, ma con un’altra figura che serve di più. La biblioteca, che non esisteva, riesce ora a gestire anche decine di milioni, ma sulla base di progetti specifici non gestendo l’ordinario; ha ottenuto personale, un aiuto bibliotecario part time, e sta realizzando l’automazione in modo abbastanza intelligente. Questi risultati si ottengono lavorando, non aspettandosi che piova qualcosa dall’alto.

    In questo momento in cui si sta ancora definendo la riforma degli studi musicali, bisognerebbe avere la capacità - come AIB e come IAML - di fare pressione nelle sedi appropriate quando si tratterà di definire le norme relative alle biblioteche degli istituti musicali, evitando di lasciare il tema in mano a persone prive di competenza: dovremmo fare un po’ da angeli custodi. Ma dovremmo riuscire a svecchiare anche la nostra professione e noi stessi e a cambiare i discorsi che dal 1978 sono sempre gli stessi: qualcosa di più forse si poteva fare. Gli strumenti oggi ci sono: tocca a noi essere più dinamici.

    Riva: Auspico quindi che nelle nostre biblioteche funzionanti sia effettuato uno studio sui carichi di lavoro. E' necessario contrastare i molti pregiudizi che circolano sulle biblioteche musicali con dei dati di fatto. Portare a termine anche una sola iniziativa concreta in occasione della riforma dei Conservatori, forse vale più di tutti i possibili tentativi di contatto con le commissioni parlamentari.

    Marri: Non credo che il punto sia questo: non siamo riusciti in 30 anni, certo non ci riusciremo in un solo anno a dimostrare che le biblioteche funzionano. Dobbiamo invece insistere sui principi e sui valori del nostro servizio e non puntare sui dati di fatto, perché sarà sempre possibile obiettare che questa o quella biblioteca è chiusa o funziona a metà. La cosa massimamente importante è far capire l’importanza del servizio, non solo per quanto riguarda il piano didattico dell’Istituto, ma anche per quanto riguarda la sua specificità: una biblioteca musicale specializzata sul territorio collegata con un sistema bibliotecario che può essere provinciale, o regionale, o nazionale.

    Marquardt: Sull’opportunità di intervenire come associazione professionale nelle sedi opportune posso dare un contributo per esperienza diretta, avendo cercato di sensibilizzare diversi Ministri della pubblica istruzione. Anche gli interventi più semplici sul problema delle biblioteche scolastiche non trovano immediata attenzione: la presenza continua e costante non sempre basta, perché non è condiviso, probabilmente, l’atteggiamento culturale. Quindi è più facile che passino finanziamenti per le nuove tecnologie che per il funzionamento delle biblioteche.

    Tammaro: C’è un aspetto di SBN che forse viene sottovalutato ed è l’aiuto dato a realtà come la vostra. I bibliotecari che utilizzano SBN hanno aiuto dall’esterno, sono liberati dalla presenza degli esperti di calcolatori e hanno momenti di incontro/scambio con altre realtà bibliotecarie, che fanno tornare a casa più motivati. Realizzare l'automazione nell’ambito di progetti nazionali, o almeno progetti estesi, dà una grande forza.

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